Mario il Sognatore (1945)

Laura Martinotti
La Cassa, 7 aprile 1945
La pioggia rumoreggia nel bosco. Le mani bagnate affondano nelle tasche dei pantaloni fradici. I fascisti della Folgore lo stanno braccando e Mario si ferma ad ascoltare. Un brivido di freddo gli percorre la schiena, ma si sente al sicuro, protetto dal bosco. Si rannicchia vicino all'albero di Susi, la ragazza della cascina lì vicino: è qui che l'ha baciata l'altro ieri. Anche quel giorno pioveva e si sentivano i bombardieri su Torino che in pieno giorno hanno raso al suolo la stazione di Smistamento. E allora si disse: “o adesso o mai più, se non la prendo adesso che sono qui, la perderò per sempre.” E così andò da lei, dalla Susi, in cascina, e lì la aspettò fino a quando la vide uscire dalla conigliera, la caricò sulla bicicletta e poi via, nel bosco, sotto l'albero più grande. E se la baciò.
La notte stessa gli altri ragazzi della Squadra d'Azione scesero dalle montagne per dare il cambio a quelli a valle. Da mesi presidiavano la zona, alcuni nascosti nelle cascine più isolate, altri nella base creata nell'Asilo del Comune, alla quale poi i fascisti della Folgore diedero fuoco. I ragazzi del cambio misero al corrente Mario e gli altri sulle novità e la più terribile fu che quella stessa mattina, il 5 aprile, al Martinetto fucilarono Giuseppe Perotti, generale della Resistenza partigiana che stava organizzando l'insurrezione della città. Molte volte i ragazzi partigiani perdevano la speranza ma per fortuna gli anziani li spronavano a continuare a lottare per la libertà e contro l'oppressore.
Ma basta perder tempo con i ricordi, ora Mario deve stare in guardia, deve fare attenzione, non si deve distrarre.
Il ticchettio della pioggia si dirada e un raggio di sole si fa strada a pochi passi da lui, e allora li sente, nel silenzio del bosco, li sente. Passi di morte.
Si fa più piccolo, si incolla al suo albero e aspetta; i passi si allontanano e i pensieri lo assalgono, insieme a lacrime di rabbia: “vivo con il terrore che mi attanaglia le viscere. Tutti qui hanno paura da morire, di morire. Ma darei volentieri la vita per la libertà della mia gente. La libertà di correre per la strada senza paura, la libertà di andare in cooperativa e dire che Badoglio è un cretino, per riprendermi la voglia di ridere che mi hanno rubato. Cazzo! Ho 23 anni, ho la Susi che mi aspetta, non voglio uccidere ragazzi come me, fare agguati, inseguire e incutere terrore: voglio amare, lavorare, studiare, viaggiare. Voglio vivere in libertà. La guerra, i fascisti e gli amici dei fascisti mi hanno rubato tutto, anche la speranza in un futuro. Per questo combatto e sono pronto a morire, per riavere la mia vita e per liberare tutti dall'oppressore che ci occupa”.
Preso da questi pensieri Mario non si accorge di due occhi azzurri che lo puntano da non molto lontano, dietro a quegli occhi azzurri un fucile puntato. Sente lo sparo, vede la mamma dal balcone che lo chiama “Mario, vieni a tavola che è pronto!”, vede la bici appoggiata al muretto della sua casa a Venaria, vede la Susi che ridendo lo abbraccia, vede il sangue sulla camicia inzuppata dalla pioggia, non sente dolore.


Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì O giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra costituzione.

(Piero Calamandrei, Discorso ai giovani sulla Costituzione nata dalla Resistenza, Milano, 26 gennaio 1955)

NDR: Questo scritto è un testo di fantasia scritto da Laura Martinotti in occasione della commemorazione al cippo del partigiano Mario Zulian. La foto è di Didala Ghilarducci e non si riferisce al testo ma ad una storia, purtroppo, simile).

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