Una cosa che è successa il ventisei settembre

diego finelli

Sabato 26 settembre è successo qualcosa di speciale, ma prima mi scappa una preterizione (scusate ma a me delle volte mi scappano le figure retoriche, a sproposito per giunta).
 

Volevo scrivere qualcosa di simil istituzionale sulla giornata del 26 settembre, giornata di apertura straordinaria della biblioteca, tutto il giorno, e di iniziative assortite. Ma non lo farò. Non dirò che al mattino c'erano circa quaranta bambini a partecipare all'inaugurazione del laboratorio di lettura di quest'anno; non dirò che poi altrettante persone, equamente divise tra adulti e non, hanno condiviso un pasto eco-equo-solidale-autoprodotto tra gli scaffali dei libri e la veranda; non dirò che nel pomeriggio abbiamo aperto la mostra fotografica e scoperto che anche in foto il posto in cui viviamo può essere molto bello da vedere; non dirò, infine, che La Cassa è anche un luogo dove molta gente normale (si fa per dire) ci da dentro a scrivere poesie e racconti e romanzi che poi a sentirli leggere da uno del mestiere sembrano (sono) anche belli.

Ecco, finita la preterizione.
 

Sabato 26 settembre, dicevo, tra la mezza e le tre in biblioteca c'erano quaranta persone, anzi più di quaranta, diciamo venti adulti e venticinque bambini. E tutti avevano portato qualcosa da mangiare o da bere: salatini, insalate, cous cous, tartine, una zuppa di zucca, formaggi, torte salate, salame, vino, succhi di frutta, guaranito, cose così. E tutti aiutavano a preparare, a servire, a mettere in tavola, a versare da bere. Era il buffet letterario, ovvero una cosa che era stata pubblicizzata, quel poco, così: buffet letterario con prodotti a km.0 ed equo solidali; chi vuole partecipare deve portare cibo da condividere e un brano letterario da leggere: filastrocche, poesie, racconti, preferibilmente a sfondo culinario e soprattutto ... ricette!
 

Ora, siamo onesti, io sapevo che un po' di persone per mangiare sarebbero venute, ma l'altro aspetto, a dirla tutta, non ci credevo nemmeno io che l'avevo pensato (o forse l'aveva pensato mia moglie, va bè).

Voi ci avreste creduto? Voi avreste creduto che senza coercizione qualcuno sarebbe venuto munito di teglia o insalatiera ricolma, ma anche di versi in rima da leggere davanti a tutti? Di salame e vino rosso, ma anche di lubriche ricette immaginifiche, e conturbanti, sotto forma di racconto da quasi recitare? Di pentola fumante e di poesia? Di pane fatto in casa e di letteratura da asporto?

Io no, eppure. Io quasi non ci pensavo più, e invece.
 

Invece è proprio andata così: che più d'uno, non dico tutti e quaranta, no, ma più d'uno ogni tanto si alzava e apriva un libro che si era portato da casa e ci aveva messo pure il segno dentro, oppure tirava fuori un foglietto spiegazzato dalla tasca, e a un tratto iniziava a leggere. Cose varie, letteratura varia, colta e no, letta bene o letta in modo goffo, recitata o elencata in tono monocorde, ma spontaneo. Capite: spontaneamente diverse persone, diverse perché più d'una, l'ho già detto, ma anche perché proprio diverse tra di loro, si erano preparate a casa, pensando a qualche lettura fatta in passato, oppure facendo attenzione a quello che stavano leggendo in quel periodo mandando a mente un brano che avesse a che fare col cibo e facendo un'orecchietta alla pagina, oppure cercando qualcosa in internet, o inventandosi di sana pianta un testo, oppure non so.

Fatto sta che a me questa cosa, sarò di facili entusiasmi, è piaciuta da morire.

Straordinario.
 

E allora è stato bello, è stato bello schiarirsi la voce ogni tanto per chiedere un po' di silenzio e attenzione, poi ascoltare, poi ridere e applaudire, provare interesse, curiosità; e notare che qualcuno è proprio bravo a leggere in pubblico, qualcun altro meno ma forse è ancora più bello stare a sentirlo perché ti accorgi che per leggere agli altri deve vincere un velo di imbarazzo, ma è uno sforzo, piccolo, così spontaneo, che rende ancora più vivo e semplice e autentico il momento.
E' stato bello leggere ad alta voce senza sentirsi un balengo, parlare di libri mangiando senza sentirsi un marziano, passare da Vasquez Montalban al profeta Isaia, da Calvino alla Allende a Gadda a Petronio senza soluzione di continuità.

 

Allora, lo rifacciamo?

Lo rifacciamo

Anonimo 8 ottobre 2009, 07:29
quando? laura la lunga
Anonimo 9 ottobre 2009, 09:50
davvero, un'emozione. Sentire un attore che recita una poesia che conosci a memoria, parole uscite dal tuo pensiero. Sentirlo raccontare storie che prendono vita nei sui gesti ... e ti emozionano nonostante siano parte di te. Bello, è stato davvero bello. una tra la gente normale P. S. Si, lo rifacciamo
diego finelli 9 ottobre 2009, 10:19
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io lo farei anche tutti i sabati, ma finisce che uno si stufa; potremmo darci un appuntamento stagionale: inizio autunno (fatto), inizio inverno, eccetera che ne dite?

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