Un pomeriggio ero solo, e sentii bussare alla porta...

Federico Fauro
Sussultai, ero spaventato. La mamma era appena uscita di casa e quindi... Però forse aveva dimenticato le chiavi ed era tornata a chiedermele per poi ripartire, o forse no?
Ero pietrificato, avevo il cuore in gola. Poteva anche essere un ladro, ma, nella mia mente ingenua, alla paura ed al terrore s'aggiunse la curiosità del bambino...
Decisi allora di andare a sbirciare dalla porta di dietro se nel garage c'era ancora la macchina di mamma, e così feci. La curiosità svanì, mentre terrore, panico e paura mi assalivano: la macchina di mamma non c'era!
Subito mi precipitai dentro casa, chiusi la porta di dietro me, proprio in quell'istante sentii dalla porta principale: "Aiuto Federico, aiutaci ti prego! Sei la nostra unica speranza! Aiuto!"
Allora aprii la porta: c'era un uccello a me sconosciuto, aveva parlato lui?
Parlò lui per primo: "Seguimi e fa in fretta!" - Aveva sicuramente parlato quell'uccello!
Era bellissimo: piume dorate, a centinaia; becco turchino, che brillava alla luce del sole; zampette robuste e piccole, occhietti tristi, petto color smeraldo.
Lui zampettò via e io... lo seguii. Mi portò nel cuore del bosco dove stavano altri venti di quegli strani uccelli.
Il più alto mi si avvicinò dicendomi: "Venti della nostra specie sono sopravvissuti... su trecento ch'eravamo" - "Voi umani ci avete quasi cancellato dall'intero Piemonte!"
Era diverso dagli altri: becco d'oro, piume rossicce, artigli lustri e... e... e occhi lacrimanti.
La tristezza della sua anima mi penetrò dentro: "Ho mandato beccuccio a chiamarti perché sei un bambino con tanta fantasia, pertanto riesci a capire le nostre parole; portaci in America, nella riserva dove sappiamo che noi ed altri della nostra specie vivremo per sempre al sicuro" - aggiunse - "Ti prego" - concluse.
Allora parlai io: "Prenderò il triplano di mio padre ed andremo in America!"
Corsi a casa, portai il triplano di fianco al bosco e, con tutti gli uccelli, lo usai come macchina fino all'autostrada: era facile, ad ogni casello decollavo e riatterravo dopo.
Mi affezionai molto a Beccuccio.
In tre giorni ero in Portogallo, lì decollai definitivamente. Una settimana di panico totale sull'Oceano Atlantico e... l'America in vista!
Atterrai, finalmente atterrai.
Corsi alla riserva, ma c'erano due cartelli che dicevano che la riserva era stata venduta al signor Ribbon e che egli ci avrebbe fatto sopra un'industria.
Un signore minuto e sghignazzante diede dei soldi ad una signora singhiozzante e a capo chino. Stavo per mettermi a piangere: lo feci.
Mi rialzai, andai nella riserva di nascosto e feci amicizia con gli altri uccelli: avevo un piano... Battaglia!
I due capi mi dissero che gli uccelli della loro specie sapevano sputare fuoco: seguimmo il signor Ribbon , entrammo in un edificio furtivi, salimmo all'ultimo piano, il signore minuto si sedette ad un tavolo con altri uomini.
Beccuccio diede inizio alla battaglia: urli, grida, schiamazzi, fiammate seguite da esplosioni di fumo e batter d'ali, odore di fondoschiena bruciati, e finalmente si arresero. La riserva era salva!!!
Era meraviglioso; tutte le "Fenici Felici", cioè quegli uccelli, volarono contente nella riserva... tranne Beccuccio: lui restò con me in Piemonte.

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