un safari a La Cassa

italo losero

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In questi caldi afrori agostani mi diverto ad avvicinare il periodo alla simbologia contadina, causa prima del nostro sentire il tempo e le stagioni; nell'epoca dell'apoteosi del ciclo primaverile -estivo, del grano maturo che si accumula nelle aie, viene spontaneo dimenticare per un attimo le economie, il calcolo e la tecnica (ci penserà settembre) e lasciarsi andare ad una visione fiduciosa dell'io, cioè della natura, abbandonandosi a godere del periodo.
Ed è per questo che ho finalmente rotto gli indugi e mi son mosso ad una avventura pret-a-porter, un piccolo safari intra le mura: percorrere il Ceronda per tutto il territorio di La Cassa da un confine all'altro. So che a molti può risultar baggianata: comprendetemi bonariamente. So anche che molti lacassesi d.o.c. mai hanno percorso per intero il loro torrente; altrettanto so che in molti hanno conosciuto ogni ansa, ogni roccia, ogni colore, ogni atmosfera che le (quasi) quiete acque suggeriscono.
Io che non sono originario di La Cassa  mi illudo donchisciottescamente di portare alle menti sensibili dei cavalieri di coteste contee qualche nota che partendo da un piccolo torrente evochi sinfonie più grandi, che aiuti ad assaporare i calori ed i colori dell'acque nostre celebrando questo piccolo torrente (per dirla con le strofe magiche di Branduardi: giunsi come un maestro solitario / e non canto e non celebro che i topi./ Dalla mia testa come uva matura/ gocciola il folle vino delle chiome,/ voglio essere una gialla velatura/ gonfia verso un paese senza nome).

In questo ardire d'essere gialla velatura, per sgocciolare il folle vino sono partito dal confine a libeccio, Druento, per raggiungere quello a maestrale, Fiano; è un percorso facile, in questa stagione basta un paio di stivali per poter attraversare il Ceronda  e per poterlo risalire tranquillamente.
Parto sentendo in lontananza i rintocchi del campanile: sono le nove di mattina del 17 agosto.
Per fortuna, il torrente passa lontano dalle zone abitate (per l'intercessione di san Galasso), tutto il percorso è in una zona bellissima e tranquilla. Lo si può fiancheggiare a piedi, in bici, a cavallo; ci sono sentieri per tutte le zampe, dalla strada carrabile al sentiero, sia percorrendo il fiume da sud a nord che viceversa; è un percorso che consiglio a tutti, è una bella occasione per conoscere il nostro territorio che dovrebbe essere resa obbligatoria a tutti i residenti, per poter far comprendere i quant'è magnifico il territorio che ci circonda.

Quindi, calzata l'armatura (gli stivali) e allertato lo scudiero Sancho (beh, per questa volta si adatta il mio cane) sono partito lancia (macchina fotografica) in resta per percorrere l'avventuroso safari partendo dalla briglia che delimita l'area umida. Questa "area umida" è una zona di cui ho parlato spesso in questo sito; tralascio malvolentieri di parlarne ancora, gli stagni e le ninfee che in questo periodo sono al massimo dello splendore meriterebbero più attenzione.
Il cielo sereno avvampa l'anima esaltando i colori e le armonie; già dai primi passi mi è chiaro che anche stavolta sarà la natura ad osservare il mio comportamento, e non viceversa, in un rapporto lisergico scatenato dalla chimica dell'essere.
 
 
Sia che si stia con i piedi a bagno nel ceronda, sia che lo si abbandoni per seguire qualcuno degli intricati sentieri sotto i nocciòli, i colori catturano gli occhi. Sono sempre presenti dominanti giallo/arancioni sui fondali che, appena diventano più profondi, lasciano spazio al verde, prima chiaro e poi cupo, che penetra nel sottobosco puntellato dal viola delle tamerici e dal bianco dei vilucchioni; ai lati del torrente il terreno è sabbioso, fragile (è stato inondato da poco), lascia spazio a piccoli ristagni d'acqua e a cupi corridoi sotto gli arbusti. L'aria è fresca, leggera, si cammina volentieri; non c'è bisogno di conoscenze cromoterapiche per sentire l'effetto che ogni colore ha sulla mente, sullo stato d'animo, sui pensieri: le radure blu-verdi non possono che calmare, rilassare; i gialli, gli arancioni,  i rosa, gli azzurri elevano lo spirito; i rossi, i marroni spingono all'azione. Non c'è bisogno di pensare, meditare, filosofeggiare: basta lasciarsi andare ai colori per vivere un'avventura tra le capriole dell'anima.
Qualche sentiero è più marcato perchè percorso da monutain bike o da cavalli che percorrendoli li mantengono vivi. Tracce di caprioli, di cinghiali di... boh, altri animali, si distinguono nettamente. A portata di mano ci sono molte, dolcissime, more mature: assaporandole anche il gusto partecipa alla festa dei sensi.

 
Percorrendo il ceronda da sud a nord mantengo la sinistra orografica, cioè il lato opposto a quello del paese; cammino nello spazio tra il ceronda e il muro della mandria. Ad un certo punto una sorpresa... angosciante.
Dove c'era una bellissima pineta non c'è più nulla o, meglio, c'è un disastro. Riconosco il luogo per esserci passato qualche anno fa, ricordo la baracca che avevo visto sotto un tripudio di conifere che ora invece è in mezzo ad una zona deforestata, mi sembra... rovinata.  Mente è chiaro che tutti i pini sono stati abbattuti non è chiaro perchè la zona non è stata risistemata: molto del legname è lì abbandonato, si sono bidoncini di plastica in giro, il tutto dà un'idea si abbandono e d incuria; un po' mi pento di essere passato di qui, avevo un ricordo di bellissimi sentieri sotto i pini a lato del fiume... boh.
 
Alzo gli occhi e vedo volare leggero qualcosa, forse un'anatra: ali spiegate, sguardo sicuro, si staglia nel cielo con lo sfondo delle nuovole a ricordarmi che la natura ha una possibilità di recupero: le piccole robinie sono il primo segno della riconquista del territorio, la vegetazione in qualche anno ricporirà l'area e la restituirà alla natura... certo, sarebbe meglio che chi ha abbattuto i pini si fosse anche proccupato di ripristinare l'area. Chissà se ne sapremo qualcosa, di questa storia.
 
Spiàno i pensieri e mi riporto sul Ceronda e sono ancora una volta i colori a catturare l'attenzione e a riportarmi su pensieri più dolci. In queste zone dove il torrente scava di più il letto non è costituto da sassi ma da pietra viva: ci sono grandi rocce che fanno da fondale, rocce con i colori più diversi. Sono giallo chiare in superficie, si scuriscono verso il verde dove l'acqua è profonda. Il mio fido scudiero ne approfitta per un bagno.
Proseguendo verso nord dal giallo si passa all'arancione; un clore molto vivo che diventa rosso/marrone in profondità; tanto più vivo quanto più il torrente è in discesa, tanto più calmo e riposante nelle zone più pianeggianti.
 
 
 
 

Il cielo si riflette nell'acqua; sulla superficie calma si sommano i colori delle rocce e l'azzurro; nonostante il periodo agostano, l'aria è fresca, la vicinanza dell'acqua la rende frizzante. Si cammina volentieri, i pensieri scorrono veloci, lo sguardo si sposta velocemente dall'acqua, alla terra, all'aria: ed è in aria che spesso si vedono garzette bianche e aironi cinerini che volano tranquilli in queste zone lontane dal traffico degli uomini.
Alzando gli occhi per cercare le direzioni del giro ampio di un airone lo sguardo cade su un'ombra più veloce, più scura, potente e aggressiva:  una poiana. Vola alta e poi si abbassa; fa un paio di giri, si avvicina, vola prima a raso d'acqua e poi si rialza, gira ancora.
 
 
 
 
Miro il teleobbiettivo su di lei: mi guarda, vedo gli occhi gialli che mi puntano. Gira in tondo con la testa sempre rivolta a me; sono ipnotizzato da quello sguardo fiero. Faccio fatica a convincermi che devo impostare la macchina fotografica, velocità, obbiettivo, diaframma, servo focus per seguirla, scatto a ripetizione per prenderne ogni attimo. Spiana le ali, raddrizza il volo e mi passa sopra, se ne vola via.
Sento dodici rintocchi: è mezzogiorno, sono più o meno all'altezza del Trucco, attraverso il guado e me ne torno a casa per la strada che costeggia il fiume: bei panorami, il mulino, la fontana del Basso.

Ho passato tre ore in questo safari sul Ceronda.
Me ne torno a casa ebbro del folle vino che mi gocciola da ogni pensiero, l'anima con le vele gonfie verso chissà quali nuovi frontiere,  con la testa ancora arruffata di pensieri camminando per la strada solita, quella del cimitero, della fontana, del mulino...
AH! Un mulino... a veder bene mi sembra un cavaliere che voglia distruggere l'ambiente di La Cassa!!
Sancho! All'armi!!!

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