La Biblioteca nel Pallone

diego finelli

 


 

la Biblioteca Comunale di La Cassa

 

in collaborazione con

 

il Gruppo di Acquisto Solidale lacassese

 

vi invita al

 

Buffet Letterario

(condivisione di cibo e di letture)

 

"la biblioteca nel pallone"

l'antefatto di "La Cassa nel Pallone",

il torneo di calcetto e volley che inizierà l'11 giugno

 

 

 

Cos'è un buffet  letterario?

E' uno spazio per condividere  e mescolare cibo, sapori, parole, poesia, racconti.

 

Come si partecipa?

Portando qualcosa da mangiare o da bere insieme agli altri, possibilmente con un occhio di riguardo al biologico, alla provenienza locale dei prodotti e al commercio equo e solidale. Portando qualcosa da leggere insieme: il brano di un romanzo, di un racconto, una poesia, una ricetta, un articolo di giornale.

 

Il tema di questo buffet letterario è "il pallone" e, per estensione, lo sport, il gioco. Si può leggere di tutto, non solo libri: valgono anche l'album delle figurine panini, la formazione dell'Italia che vinse nell'82, l'inno della propria squadra di calcio, la trascrizione di una telecronaca, la conta, gli slogan da stadio, eccetera. Basta avere voglia di mettersi in gioco.

 

Quando?

sabato 9 giugno 2012

dalle 12.30 nella veranda della biblioteca, in via Fila 4

 

porta qualcosa da mangiare ...

... porta qualcosa da leggere

 

per informazioni e prenotazioni

bibliotecalacassa@gmail.com - 335/5437384

diego finelli 8 giugno 2012, 13:02
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ricordo a tutti i "lacassesi nel pallone" il prequel di sabato mattina, in biblioteca
italo10 giugno 2012, 18:48
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Delle letture che avevo preparato ho letto solo la

Prima Lettura

dalla prima lettera di San Pallo apostrofo ai trucdimiolesi.

Fardelli,
sin dall'inizio delle scritture il libro è in me; ed io in lui.
sin dal primo dei cortili il pallone è in me; ed io in lui.

Ma io voglio che sappiate che anche il libro è nel pallone e così  la biblioteca è nel pallone; sin dai tempi d'Alessandria.

Imperciocchè se la biblioteca è nel pallone,
il pallone è, dunque, intorno alla biblioteca;
sia tra voi fulgido il pensiero che tra le palle il libro sta.

Guardatevi dai rischi dei libri delle palle:
imperciocchè il pallone non contiene nulla,
solo aria,
e il libro può non contenere nulla,
o meglio solo vuote parole,
e porterà eziandio grande afflizione.

Rinunziate ai falsi profeti dalle obnubilate menti
che sovvertendo il creato vogliono che dalla femmina palla
sia generato il maschio pallone
o alle scostumate lingue che parlano del libro
che si fa femmina e si libra nell'equilibrio della bilancia;

è scritto nel Libro che palla e pallone vennero generati all'inizio dei tempi:
maschio e femmina li creò, perchè portino frutto.
Camminate con astuzia e conservate il pallino del libro,
cerchate il libro del pallino,
contemplate la gloria del pallino del pallone
che ci consola in ogni nostra afflizione.

Vi è dunque per voi la via della salvezza celebrando,
con grande diligenza,
alla scadenza del solstizio,
tra i libri un torneo della palla.

A questo vi esorto  affinchè ciò porti a voi tutti, fratelli,
gioia e letizia,
per tutti i secoli dei secoli.
Gol.


SALMO RESPONSORIALE
Ripetete:
lo spirito è forte ma il menisco è debole.
Vittoria Fauro12 giugno 2012, 08:16
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Io ho parlato del pallone nella poesia.
E' stato sorprendente scoprire come Giacomo Leopardi abbi dedicato versi al pallone, così come Umberto Saba che ha scritto una raccolta di poesie dedicate al calcio.
Ho letto una poesia da "La solitudine dell'ala destra" di Fernando Acitelli, una raccolta di 185 poesie dedicate ad altrettanti giocatori, dai più famosi ad altri meno noti, ma non per questo privi di una parvenza di celebrità.
Come Luis Silvio Danuello, misterioso brasiliano che disputò nove partite nella Pistoiese senza segnare neanche un goal, ma soprattutto non beccando quasi mai un pallone.
Narra la leggenda che venne acquistato per errore, al posto di un altro più dotato. A Bahia fu la spiaggia a tradirti.
Vistoti palleggiare al ritmo di samba,
lo stolto talent-scout - raggirato
da goleador balneari - abusò in parole solenni
portandoti in Italia.
Furon avanzati paragoni incredibili,
da avanspettacolo, e quasi fosti accostato
a Garrincha.
I pochi minuti di serie A
ebbero la maglia arancione
della Pistoiese. In Italia, per difenderti,
visto che non giocavi mai, presero
a dire che eri troppo giovane. In verità, se di equivoco si trattò, fu a causa di una vocale.
Appena sceso dall'aereo in arrivo dal Brasile un dirigente della Pistoiese gli chiese se fosse una punta e lui, confondendo la parola italiana "punta" con quella portoghese "ponta", che significa ala, rispose affermativamente, dando così origine al grosso equivoco.  
Mati12 giugno 2012, 09:45
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da Il giorno prima della felicità   di Erri De Luca

Scoprii il nascondiglio perché c'era finito il pallone. Dietro la nicchia della statua, nel cortile del
palazzo, c'era una botola coperta da due tavolette di legno. Mi accorsi che si muovevano quando ci
misi i piedi sopra. Mi prese paura, recuperai la palla e sgusciai fuori tra le gambe della statua.
Solo un bambino smilzo e contorsionista come me poteva infilare la testa e il corpo tra le gambe
poco divaricate del re guerriero, dopo aver aggirato la spada piantata giusto davanti ai piedi. La
palla era finita lì dietro, dopo un rimbalzo di sponda tra la spada e la gamba.
La spinsi in fuori, gli altri ripresero il gioco, mentre mi attorcigliavo per uscire. Le trappole sono
facili a entrare ma per uscire c'è da sudare. Avevo pure una fretta di paura. Ripresi il mio posto in
porta. Mi facevano giocare con loro perché recuperavo la palla dovunque finiva. Una destinazione
abituale era il balcone del primo piano, una casa abbandonata. La voce era che ci abitava un
fantasma. I vecchi palazzi contenevano botole murate, passaggi segreti, delitti e amori. I vecchi
palazzi erano nidi di fantasmi.

Andò così la prima volta che salii al balcone. Dal finestrino a pianoterra del cortile dove abitavo, il
pomeriggio guardavo il gioco dei più grandi. Il pallone calciato male schizzò in alto e finì sul
terrazzino di quel primo piano. Era perduto, un superflex paravinil un po' sgonfio per l'uso. Mentre
che bisticciavano sul guaio mi affacciai e chiesi se mi facevano giocare con loro. Sì, se ci compri un
altro pallone. No, con quello, risposi. Incuriositi accettarono. Mi arrampicai lungo un tubo
dell'acqua, discendente, che passava accanto al terrazzino e proseguiva in cima. Era piccolo e
fissato al muro del cortile con dei morsetti arrugginiti. Cominciai a salire, il tubo era coperto da
polvere, la presa era meno sicura di quello che mi ero immaginato. Mi ero impegnato, ormai.
Guardai in su: dietro i vetri di una finestra del terzo piano c'era lei, la bambina che cercavo di
sbirciare. Era al suo posto, la testa appoggiata sulle mani. Di solito guardava il cielo, in quel
momento no, guardava giù.

Dovevo continuare e continuai. Per un bambino cinque metri sono un precipizio. Scalai il tubo
puntando i piedi sui morsetti fino all'altezza del terrazzino. Sotto di me si erano azzittiti i commenti.
Allungai la mano sinistra per arrivare alla ringhiera di ferro, mi mancava un palmo. In quel punto
dovevo fidarmi dei piedi e stendere il braccio che teneva il tubo. Decisi di farlo di slancio e ci
arrivai con la sinistra. Ora dovevo portarci la destra. Strinsi forte la presa sul ferro del terrazzo e
buttai la destra ad afferrare. Persi l'appoggio dei piedi: le mani ressero per un momento il corpo nel
vuoto, poi subito un ginocchio, poi due piedi e scavalcai. Com'è che non avevo avuto paura? Capii
che la mia paura era timida, per uscire allo scoperto aveva bisogno di stare da sola. Lì invece
c'erano gli occhi dei bambini sotto e quelli di lei sopra. La mia paura si vergognava di uscire. Si
sarebbe vendicata dopo, la sera al buio nel letto, col fruscìo dei fantasmi nel vuoto.

Buttai il pallone di sotto, ripresero a giocare senza badare a me. La discesa era più facile, potevo
stendere la mano verso il tubo contando su due buoni appoggi per i piedi sul bordo del terrazzino.
Prima di allungarmi verso il tubo guardai veloce al terzo piano. Mi ero offerto all'impresa per
desiderio che si accorgesse di me, minuscolo scopettino da cortile. Era lì con gli occhi sbarrati,
prima che potessi azzardare un sorriso era scomparsa. Stupido a guardare se lei stava guardando.
Bisognava crederci senza controllare, come si fa con gli angeli custodi. Mi arrabbiai con me
buttandomi lungo il tubo in discesa per togliermi da quel palcoscenico. Sotto mi aspettava il premio,
l'ammissione al gioco. Mi misero in porta e fu così deciso il mio ruolo, sarei diventato portiere.

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