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Nel torpore del risveglio

TO DYLAN

 

Nel torpore del risveglio, Lory percepì una sensazione strana. Sentiva di essere in una posizione scomoda, ma ciò non le dava alcun fastidio. E poi, tutto era stranamente... piatto. Mancava qualcosa di abituale e scontato, ma che le creava un certo disagio. Era qualcosa di molto importante... quasi vitale. Questa consapevolezza la infastidì assai. Tentò di muoversi, ma due cinghie la bloccarono. Girò lentamente la testa. Le caviglie e i polsi erano bloccati. Lory mosse le dita, sfregandole sul ripiano in cui era distesa. Anche li notò una sensazione particolare. Non seppe nuovamente stabilire come mai. Tentò di ricordare, e lì si sentì sopraffare dall' agonia. Non ricordava. Nulla. Non aveva mai provato niente di simile, era pazzesco. Non sapeva che cos' era la luce del sole, che colore hanno i fiori, che gusto ha una mela. Venne seppellita da troppi sentimenti in una volta sola. Paura, ansia, vertigini, smarrimento. Aprì la bocca e gridò. La sua voce la raggiunse lontana e potente lasciandola di stucco. Cos'era quel suono? Stette un po' in silenzio sperando di udirlo di nuovo. Passarono dei minuti ma il silenzio continuava a persistere. Quel rumore le era piaciuto, era bello, le era famigliare. Ma lo attese invano. Volse a destra e a sinistra la testa osservando attorno. Sopra di lei stava un oggetto curvo appoggiato sul piano dove era sdraiata. Ne poteva distinguere ogni singola vite e ammaccatura, vedeva dove la mano del fabbro che l'aveva costruito si era soffermata troppo e dove invece era passata con superficialità. Lory si illuminò. Le erano tornate in mente molte cose... Viti, fabbri e quindi esseri umani... I suoi pensieri però vennero interrotti da un cigolio. Il tettuccio si sollevò pian piano facendo entrare man mano sempre più luce. Lory sgranò gli occhi. Riusciva a vedere ogni singolo pulviscolo e particella di polvere che fluttuava nell'aria. Poi, alla luce si sovrappose il viso di una figura che la studiò con due grandi occhi blu.

La fecero sedere. Non capiva. Si trovava in una stanza piena di cavi e fili. Alla sua destra c'era una finestra oscurata, e tutto era illuminato da due grandi lampade a neon che fluttuavano in un angolo. Diversi umani la studiavano facendole alzare e abbassare gambe, braccia, testa. Lei eseguì senza protestare. Nessuno però le aveva ancora rivolto la parola, solo quel ragazzo dagli occhi blu ogni tanto le mostrava i perfetti denti bianchi aprendo le morbide labbra in un sorriso. La misero in piedi e le aprirono la schiena. Li lasciò fare. Poi presero un lungo cavo rosso << Farà un po' male >> le disse il ragazzo che le sorrideva. Lei non capì, ma quando le attaccarono il cavo alla schiena una potente fitta la attraversò da capo a piedi. Fece uno scatto in avanti.

<< Tenetela ferma!!!>> gridarono. Non capiva più niente. Aveva solo male, un male atroce che non la faceva respirare. Mosse qualche passo verso la porta, si girò, agitò le braccia, fece per buttarsi a terra. Gli altri tentarono di tenerla ferma per la vita, ma era troppo forte. Una ragazza portò delle corde e gliele legò ai polsi, ma con un moto di rabbia se le strappò via. Afferrò un' ampolla e la scaraventò contro la finestra, cominciando ad urlare, soffermandosi un attimo per ridare il benvenuto alla stessa voce di prima, che anche se sembrava spaventata e debole, le dava forza e coraggio. In un certo senso, capiva che era sua. Due o tre uomini la guardarono intimoriti, e ciò le dispiacque, ma aveva male. Si sentì afferrare alle spalle. Si girò malamente pronta a ribellarsi da colui che la tratteneva, ma i due occhi blu la bloccarono. Il ragazzo stava di fronte a lei e la fissava deciso negli occhi << Lory, calmati >> le disse. Le sue parole ebbero l'effetto di un sonnifero. Si calmò, mentre lui continuava a guardarla << Calmati, va tutto bene>> e le sorrise. Un'emozione maggiore al dolore la colse improvvisamente. Cominciò a piangere con grosse lacrime che le rotolarono lungo le guance.

Ogni tanto il ragazzo le sussurrava qualche parola di conforto. Non riusciva a capire tutto quello che accadeva ma lentamente percepiva sempre più emozioni e cominciava a ricordare il nome di qualche oggetto. << La scansione dati è arrivata a un terzo.>> Borbottò qualcuno. Riceveva soltanto pochi sguardi, cattivi e diffidenti. Solo il giovane dagli occhi blu continuava a sorriderle, mentre chiedeva se il programma F2 fosse già stato installato nel suo corpo. Un uomo con due lunghi baffoni gli rispose di si, e lui si voltò bisbigliandole << Allora puoi dormire.>> Così Lory fece, chiudendo gli occhi e finalmente rilassandosi. I presenti tirarono un sospiro di sollievo. << Dylan, noi due dobbiamo parlare seriamente.>> esordì l'uomo coi baffi rivolgendosi al ragazzo. Lui annuì pensieroso.

 

<< E' inaudito!>> esclamò il Dottor Ruff con determinazione. << E' rischioso.....>> cedette Dylan con veemenza. << Solo rischioso, Dylan? Ho acconsentito nell'accompagnarti in questa impresa pensando che non avrebbe

funzionato, ma ora... ora che quella... COSA... è ... viva...>> << Se avevi paura avevi solo da non seguirmi, Ruff, ormai l'esperimento è compiuto. >>.

<< Come puoi dirmi ciò? Chiedermi di non avere paura... Abbiamo creato un essere basato su un principio morale spaventoso... >>.

Ma Dylan lo trovava semplicemente fantastico. Ripensò a cinque anni e mezzo prima, quando aveva ideato il progetto... Si trattava “dell'esperimento più complicato del secolo” così lo avevano definito i giornali di tutto il mondo. E... beh, lui ci era riuscito. Tutto era nato così.

Anni prima uno scienziato (Dottor William Otis) aveva scoperto che l'ultimo battito cardiaco di un essere vivente ha una potenza tale da poter essere paragonata con una scossa elettrica di 200.000 Watt. Dylan aveva impiegato anima e corpo per effettuare altre ricerche, aveva partecipato a diversi concorsi allo scopo di entrare a lavorare nel laboratorio dove si sperimentavano teorie sull'argomento ed era persino riuscito a parlare con il Dottor Otis arrivando a questa conclusione: se si fosse collegato il cuore elettronico di un androide a quello di un umano attraverso cavi competenti a supportare la tensione elettrica e che sarebbero riusciti a trasmetterla da un corpo all'altro, la scossa del cuore vero avrebbe attivato la funzione di quello elettronico o dell'organismo robotico in pochi secondi. Ma la cosa più sorprendente non era solamente il passaggio di “vita”, ma un trasferimento di personalità e pensieri, in poche parole della vera e propria ANIMA. La notizia aveva fatto scalpore ovunque. Dylan e Otis erano stati addirittura proclamati eroi mondiali, e il Papa in persona si era complimentato con loro per l'importanza della scoperta, dato di fatto molto strano siccome tutti credevano che il Vaticano avrebbe criticato un concetto così strettamente legato al cattolicesimo. In prima pagina era apparso un articolo con il titolo :”Coloro che sanno dare la vita dopo la vita”.  Dopo pochi mesi, la notizia era , come succede sempre, stata accantonata, mentre i lavori in laboratorio avevano avuto inizio.

Il primo passo era stato ideare un robot il più possibile simile alla realtà. Dopo diversi fallimenti, in due anni la parte inferiore (dai piedi al bacino) era stata creata. Più volte avevano sbagliato e proposto di lasciar perdere, era troppo difficile. Ma Dylan non voleva cedere. Aveva contattato un suo vecchio collega che abitava a qualche centinaio di chilometri di distanza, Justin Ruff, il quale aveva pratica ed esperienza in quel settore, che aveva acconsentito e si era trasferito con tutta la famiglia lì vicino. Avevano avuto un lungo colloquio nel quale Ruff gli aveva chiesto il perché teneva tanto all' impresa. E lui, soltanto a lui, aveva detto la verità: <<Si tratta della mia ragazza.... Lory... ecco.. ha il Virus H21>> “La malattia incurabile!” pensò Ruff “L'unica a cui gli scienziati non hanno trovato cura!” << l'ha colpita in modo particolare ai polmoni, e come tu ben sai, non basta fare un trapianto con un altro organo, nemmeno se artificiale, per debellare il virus. E io ho pensato.. insomma.. e se cambiassimo TUTTO il corpo? Tralasciando i polmoni... un corpo che sa vivere senza l'uso dei polmoni.>> fece una pausa, teso <<Le restano pochi anni di vita. E quando arriverà il momento in cui... beh, io vorrei che fosse tutto pronto...>>

Ruff era rimasto molto colpito, e sia per compassione, sia per un orgoglio personale, aveva acconsentito nell' aiutarlo. <<E lei è d'accordo?>> aveva chiesto <<Lei.. non lo sa ancora>> aveva risposto Dylan ad occhi bassi.

Grazie all'aiuto di Ruff avevano proceduto molto più velocemente. In altri due anni erano riusciti ad arrivare al collo. Dylan non aveva voluto che attivassero la funzione dei polmoni << Costruiteglieli, ma non attivateli >> aveva deciso.

Gli altri avevano eseguito senza chiedere nulla ma Ruff aveva capito.

Dedicarono un anno alla costruzione del cranio. Fu un'impresa ardua, ma ci riuscirono. I dati sarebbero stati immessi al termine grazie ad un complicato programma del computer.

A maggio del 2105, quattro anni dopo l'inizio dell'esperimento, l'androide era pronto. Qualche mese più tardi,  la situazione di Lory degenerò. Il 4 di settembre la portarono al laboratorio in fin di vita. Ma Dylan non era convinto << Non le ho detto nulla >> sussurrò a Ruff, ricevendo un occhiata di rimprovero. Quando il cuore di Lory cominciò a rallentare collegarono rapidamente dei cavi elettronici al suo petto. Ebbe un singulto, ma a quel punto le avevano già infilato il trasmettitore. Il cuore ebbe un'ultima scossa, provocando una forte energia che venne registrata nel monitor del computer. Il suo corpo tremò, e nello stesso istante quello dell'androide ebbe un sussulto. Gli scienziati trattennero il respiro. Fu un attimo ed il computer che era collegato al robot segnò “VITA”.

Quasi tutti sorrisero. Dylan fece un respiro di sollievo. << Cominciate a scaricarle i dati. Ma.... >> esitò un secondo poi si decise << ...ma non quelli che riguardano la sua vita precedente >>. Ruff lo guardò male, ma ancora una volta stette in silenzio.

 

<< Hai capito, Dylan?>> << Si, Ruff me ne prenderò cura io>> buttò lì ridestandosi. Si alzò e uscì dalla stanza, lasciando il suo collega senza parole.

Quando Lory si svegliò per la seconda volta la superficie sotto di lei era morbida. Aprì gli occhi, e di nuovo ebbe la sensazione che nei movimenti abituali mancasse qualcosa. Si sedette. Si trovava in un ampio salotto che dava su una cucina giallognola, dalla quale provenivano dei rumori. Non ricordava di avere mai visto quella casa anche se l'era vagamente famigliare. Davanti al lei un caminetto riscaldava l'ambiente proiettando l'immagine del fuoco sullo schermo della televisione. Si alzò lentamente, guardandosi attorno. Le vennero in mente le emozioni di qualche ora prima, quando si era svegliata su quella tavola dura e fredda, ignara di tutto e completamente senza memoria.

Ora invece distingueva con precisione ogni mobilio e ne riconosceva le funzionalità. Sulla parete di sinistra, sopra un tabellone elettronico, scorrevano alcuni titoli di cronaca aggiornati ogni mezz'ora: “nuova macchina lanciata sul mercato”, “Omicidio nel centro di New York”. Passando le dita sullo schermo, la notizia veniva approfondita presentando l'articolo intero. Fece qualche passo verso la cucina. Un uomo, quello con gli occhi blu, (Lory se lo ricordava bene, era l'unica immagine che le aveva fatto piacere quella mattina) comparve sul ciglio della porta e la squadrò meravigliato.

<< Finalmente! >> esclamò << Vieni >> la condusse in cucina, dove schiacciando alcuni tasti sul monitor luminoso appeso alla parete e prendendo un piatto colmo di verdura comparso in un pianale lì vicino, proiettato da due materializzatori, le sorrise ancora e le ordinò di mangiare.

Lory si accorse di avere molta fame. Il suo creatore la fissava in silenzio mentre aveva la testa china sul piatto. Gli  rivolse ogni tanto qualche occhiata: non ricordava chi fosse, ma sapeva che era una persona molto importante per lei.

Finito il pasto, Dylan la fece girare per la casa e le chiese di descrivere alcuni oggetti e di spiegargli la loro utilità. Verificò se sapeva come si usava la luce, l'acqua, la cucina, il bagno, il letto. Passarono il pomeriggio così, fra insegnamenti e spiegazioni fino che giunse la sera. Allora toccò a Dylan cominciare a raccontare.

 Le parlò della sua vita, di dove era nata, e cresciuta, dei suoi genitori che presto avrebbe rivisto. Le insegnò il nome di tutti i famigliari e amici facendo scorrere le foto che si proiettavano su un grande schermo. << Può funzionare>> si disse, e così cominciò una settimana piuttosto movimentata. Dylan verificò che Lory riconoscesse anche l'ambiente esterno, portandola a passeggio e facendole guidare la sua vettura volante. Dal canto suo, la ragazza non sapeva cosa pensare. Per lei era tutto normale, e giustificava la sua ignoranza come la conseguenza di una misteriosa “perdita di memoria”. Procedeva tutto a meraviglia. Nei primi giorni la gente non li lasciava passare ,i giornalisti affollavano i marciapiedi, i fotografi li pedinavano, tanto che cominciarono a girare con le guardie del corpo che aprivano loro la strada. Comparvero altri articoli nelle prime pagine dei giornali “Primo robot dotato di intelligenza umana” e “Primo umano con corpo artificiale” gareggiavano fra i titoli più ambiti. I politici e le persone benestanti già dichiaravano che avrebbero messo da parte le cifre necessarie per farsi costruire il così detto “Secondo corpo”. La situazione così cominciò a peggiorare. Negli ospedali i pazienti reclamavano il corpo artificiale; sempre più medici chiedevano permessi per iniziare nuove ricerche e nuove costruzioni, ma lo stato non concedeva i finanziamenti. Qualcuno cominciò a lamentarsi che di sicuro per i politici  i soldi si trovavano.... Mentre per la medicina no!

I più arditi dissero che i soldi delle tasse (inspiegabilmente aumentate) non venivano usate per scopi comuni ma personali.

<< La situazione sta degenerando>> disse Ruff a Dylan << La gente non capisce che è un esperimento troppo complicato e costoso per essere ripetuto>> << Il popolo era in subbuglio già da prima, non è stata Lory a creare questo contrasto>> ribattè l'altro <<No, ma è stata lei a smuoverlo>> lo stesso Presidente, volle parlare con Ruff e Dylan << Non c'è mai stata tanta tensione. E' inammissibile. Voglio che entro una settimana torni tutto come prima!!>> esclamò infuriato. << Non è colpa nostra se la popolazione non si fida più di voli!>> rispose con lo stesso tono Dylan. L'altro gli rivolse un'occhiata di ghiaccio << Una settimana, non di più>>.

Dylan fu costretto a parlare ai giornalisti e alla tivù,  ripetendo che l'esperimento aveva richiesto molti anni e diversi soldi, e che era talmente difficile che forse non sarebbero riusciti a ripeterlo.

In tutta risposta, alcuni cominciarono ad urlare che anche i medici erano dalla parte dello stato e di non ascoltare neppure loro. <<Stanno costruendo i secondi corpi per le loro famiglie usando i nostri soldi!>> infamarono.

 

Lory era ignara di tutto quello che stava accadendo. Si svegliava alla mattina presto e preparava la colazione a Dylan. Inizialmente, il giovane era solo un punto di riferimento sicuro, una persona che le suscitava affidabilità e pacatezza. Sapeva che di lui non doveva avere paura, al contrario di quella che provava verso i perfetti sconosciuti che la fermavano per strada guardandola a toccandola affascinati. Poi, però, quello che provava per Dylan cambiò gradualmente. Aspettarlo a tavola per il buongiorno diventò un momento di agitazione e di una strana eccitazione. Lo osservava mangiare con compiacimento, e adorava fare per lui qualsiasi lavoro, dallo stirargli le camicie a spolverargli la sua scrivania. Il giorno che scoprì l'esistenza dello specchio cominciò a dare importanza all' aspetto esteriore. La prima volta passò una buona mezz'ora ad osservarsi. Aveva dei lunghi capelli biondi e due grandi occhi azzurri. La sua pelle sembrava diafana, come scolpita nella pietra. Era alta e affascinante, una creatura proveniente da un altro mondo. Incominciò a raccogliersi i capelli sulla nuca e a vestirsi abbinando con attenzione ogni indumento.

Attendeva il rientro dal lavoro di Dylan con trepidazione, e accoglieva ogni sua carezza con un' estrema gioia.

Una mattina, osservandolo accanto a lei che dormiva, riuscì infine a capire che cosa mancava al suo corpo rispetto a quello degli altri umani : il petto di Dylan, mentre dormivano vicini, si alzava e si abbassava ritmicamente, mentre il suo no. E comprese cos'era quel piccolo particolare che ,mancando,l'aveva tanto turbata dentro la clinica. Un giorno scoprì che non percepiva né il calore né il freddo. Questo dopo aver passato a Dylan una pentola ustionante facendolo scottare. E ricordò il contatto con la tavola dove si era svegliata mesi prima. Ogni cosa che sfiorava aveva la medesima temperatura.

Dylan, dal canto suo, si accorse che Lory era cambiata, ma inizialmente non ci diede molto peso. Pensava che, dopo lo smarrimento iniziale, il suo carattere avesse acquisito spontaneità e sicurezza. Poi però notò il suo sguardo, il modo in cui abbinava i vestiti, i sorrisi che gli rivolgeva, e tutto ciò lo lasciò perplesso. Si sorprese per quanto assomigliasse ad un essere umano, e per quanto la tecnologia avesse permesso che persino i sentimenti scaturissero in un androide.

Le voleva bene, le voleva tanto bene. La considerava un po' come una figlia, l'aveva creata lui, infondo, aveva passato anni e anni a svolgere ricerche, a studiare, a progettare e...

E in quel momento ce l'aveva lì. Lory. La sua Lory. Era lei, nei gesti più piccoli, nei sorrisi, nel modo di muoversi, di camminare.

Era attratto dai suoi movimenti, a volte gli sembrava di essere tornato a qualche anno prima, quando erano felici, quando si amavano, quando progettavano il futuro. Se lei entrava piano in camera da letto, ritornavano a galla gli istinti più segreti, e i ricordi di quelle sere fatte di sussurri e sorrisi, di carezze, di baci, di un'intimità speciale... ancora viva in lui... sentiva di amarla, ma era confuso.. era sicuro di amare la Lory che l'aveva accompagnato per tanti anni... ma era sempre lei? Era combattuto fra due pensieri, che quella persona fosse ancora lì, con lui, o che quella Lory fosse scomparsa il giorno in cui i cavi avevano “trasferito”  l'anima da un corpo all'altro...

Non ebbe comunque molto tempo per pensarci, dal momento che la situazione precipitò velocemente.

 Tutto accadde il giorno in cui la madre di Lory acconsentì a vedere sua figlia. Per un lungo periodo si era infatti categoricamente rifiutata di incontrarla, dato che lo shock della sua “morte” e la notizia del nuovo corpo avevano sconvolto la sua fragile età di settantadue anni.

Quel pomeriggio Lory si vestì con i suoi abiti migliori e uscì a passo svelto tenendo Dylan per mano. Si sentiva particolarmente allegra e agitata. Qualche giorno prima Dylan l' aveva “visitata” e aveva aggiunto diversi dati nella sua memoria. Era sicura di se stessa.

Arrivarono alla casa della signora Tecs attraversando in volo un lungo viale alberato, che a Lory parve familiare. La famiglia della ragazza li aspettava sulla porta con cipiglio austero e ansioso. Solo il sig. Tecs sorrise quando Dylan atterrò con l'auto volante. Ci fu un momento di silenzio, rotto solo quando Lory mosse qualche passo verso sua madre. Tutti trattennero il respiro, e le due, dopo un attimo, si abbracciarono. Un' ondata di emozioni le travolse. Lory riconobbe quelle braccia morbide che per tanto tempo l'avevano coccolata... si lasciò completamente andare. Era andato tutto bene...

La signora ebbe però una reazione totalmente diversa. Sentì quel corpo duro e freddo contro il suo petto e non riuscì a paragonarlo a quello di sua figlia. In quell' istante Lory socchiuse le labbra e mormorò un << mamma..>> incerto. Quel momento magico che tutti osservavano compiaciuti e commossi crollò. La signora Tecs si staccò e la guardò negli occhi. No, non era sua figlia. Stessa voce, stessi occhi, stessi capelli ma... no, non era Lory. La sua Lory era morta mesi addietro. Indietreggiò tremante. Si girò, guardò suo marito e sua sorella <<scusate>> balbettò, ed entrò in casa. Un silenziò tombale calò sui presenti. Dylan strabuzzò gli occhi, e si sentì perso. Sua madre. Sua madre non l' aveva riconosciuta. Era finita. Finita. E non si sbagliava.

Nei giorni seguenti Lory fu taciturna. Non capiva. Tutti la amavano e adoravano parlarle, toccarla, fotografarla. Era piena di attenzioni, ma LEI, oltre ad essersi nascosta per mesi non accettando di incontrarla, nel momento in cui erano finalmente unite si era ritirata nuovamente... e forse non l' avrebbe rivista mai più. Su questo non ebbe ragione. Alcuni giorni dopo, la faccia della sig.ra Tecs comparve su tutti gli schermi della tivù della nazione. Dylan rimase allibito. La signora parlò in diretta con queste parole << Quella non è mia figlia. E' una macchina diabolica creata per illudere la gente. Dentro quel mostro non c'è nessuna persona umana. L'anima di Lory è volata in cielo mesi fa. >>. Il dottore spense la televisione e si prese la testa fra le mani. Poi afferrò il cellulare e compose un numero. << E' la New 's World? Posso parlare con Dickerson? Si, con il direttore... il signor Dickerson...>> attese qualche secondo <<Pronto?>> << Quanto l'avete pagata?>> chiese soltanto. Aspettò la risposta e poi riattaccò. Si doveva preparare al peggio.

L'intervista rilasciata dalla signora Tecs fece partire una serie di avvenimenti determinanti per ciò che avvenne in seguito.

Come prevedibile, i politici appoggiarono completamente la dichiarazione di Tecs denunciando “l'esperimento” come una truffa che aveva causato solamente dispiaceri danneggiando la morale della popolazione e della religione. Il Papa ovviamente ritirò ogni complimento e denunciò il robot come un grande insulto verso il cristianesimo e la parola di Dio.

I giornali scrissero di atteggiamenti aggressivi da parte di Lory durante un' intervista. Lei non aveva mai parlato con i giornalisti.

E la gente cominciò a sparlare. Prima furono piccoli gruppi, ma in seguito sempre più persone protestarono contro il “secondo corpo”. Dylan era disperato. Un pomeriggio, mentre uscivano dal laboratorio, un gruppo di ragazzini li aspettò per poi prenderli a sassate. I due corsero nella macchina volante. Il giorno dopo, la seguente notizia scorreva sugli schermi delle tivù : <<Ragazzi di quindici anni aggrediti dall' androide. Il Dottor Dylan complice>> a seguire la spiegazione di come, invece di fermarla, Dylan l'avrebbe esortata a ferire i giovani. Ruff lo chiamò immediatamente. << E' vero? >>chiese. <<Ruff, noi umani siamo fatti così. Inizialmente aduliamo ciò che è diverso da noi e  ciò che ci piacerebbe essere. Poi lo desideriamo, e lo difendiamo da tutto e da tutti. Dal momento in cui ci accorgiamo che non potremmo mai essere come lui, cominciamo a realizzare che, in effetti, qualche difetto ce l' ha. Dopo di che lo disprezziamo proprio perché è unico e inimitabile, perché ha avuto una fortuna

a noi sconosciuta, perché è diverso, è famoso, perché appartiene ad un mondo a cui non apparterremo mai. E se c'è solo lui, perché farlo esistere? Siamo tutti uguali, no? Perché privilegiare un solo esemplare? E allora perché non annientarlo? E la miglior scusa non è l'odio, ma la paura. Non ha mai fatto male a nessuno? Beh, ci pensiamo noi. Insistono sul fatto che è una notizia falsa? Puoi mettere la parola di un solo dottore contro quella di tutto il popolo? Le persone sanno che non è vero? Le persone sanno tacere quando è il momento. E questo è il momento in cui le persone tacciono sulla verità, mentre danno aria al tradimento>>

Due giorni dopo, il telefono squillò di nuovo. Era il Presidente. << E' un pericolo pubblico>> disse << mi dispiace, ma l' androide va spento.>>

 

Quella sera Dylan spiegò a Lory che avrebbe dovuto partire per un viaggio. Lei gli chiese il perché. <<Beh, oramai sai ambientarti abbastanza bene, puoi vivere da sola, farti una casa, degli amici, trovarti un lavoro...>> la ragazza rimase spiazzata << Ma Dylan, io ho...>> <<No, Lory, tu non hai bisogno di me. Tu devi farti una vita per conto tuo.>> <<Dylan?>> sussurrò lei << TU sei la mia vita.>> il ragazzo si girò. Si avvicinò prendendole le mani e fissandola negli occhi. << Sai, a volte nella vita bisogna fare delle scelte. Capita di allontanarsi dalle persone a cui vuoi bene. Ma ciò non vuol dire che le hai perse per sempre. Spesso la distanza le fa amare ancora di più...>> <<Io non voglio allontanarmi da te...>> bisbigliò Lory con voce angosciata.  Gli occhi blu di Dylan si riempirono di lacrime << Sai, fino a poco tempo fa la notte era troppo fredda e troppo buia, e io non sopportavo l' oscurità che mi opprimeva il cuore, l'ombra che mi oscurava l' anima facendomi fare brutti sogni. Volevo la luce. Ma non una luce qualsiasi. Volevo la luce dei tuoi occhi, la luce del tuo amore, perché è l'unico sogno che riesce a scacciare gli incubi...>> fece una pausa << neanche io voglio allontanarmi da te, ma... a volte il destino decide per noi...>> Lory si alzò di scattò e andò in camera. Chiuse la porta e scoppiò in lacrime.

Il giorno dopo il Dottor Ruff la andò a trovare. Si abbracciarono come vecchi amici. Dopodiché Lory caricò la valigia nel baule. Si sedette nel sedile posteriore. Dylan le si avvicinò. La fissò con quegli occhioni blu. Lei si sentì morire. Poi lui si sporse, e appoggiò le labbra sulle sue. Cominciò a baciarla con passione. Lei contraccambiò stupita e con altrettanto ardore. Dylan fece scivolare le mani sulla sua vita e lungo la sua schiena, sotto la sua canottiera. Una scarica li attraverso tutti e due . <<Ti amo>> le sussurrò a fior di labbra. Toccandole un preciso punto della schiena, la spense.

 

 

Beh, questo è ciò che tutti pensano. In questo momento, però, mi trovo in un posto di cui non riporterò né il nome né la locazione. Dylan...

Quel giorno capii che dovevo ricominciare senza te. E tu. Vorrei fuggire via e tornare li, a nascondermi fra le tue braccia... ma resto immobile qui, senza parlare.. non riesco a cancellare tutte le pagine con la tua immagine... a vivere... come se non fosse mai stato AMORE... e di nuovo vorrei raggiungerti e vivere con te... ma resto ancora così, senza parlare, senza dirti ti prego, vieni qui con me.. non mi lasciare sola fra queste pagine......

                                              

                                                                                                          Lory

 



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