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San Giovanni, o del solstizio

Basta bighellonare un po' per Torino nel tempo di solstizio per essere stimolati a cercare dati, aperti, opendata un po' al di là della connotazione scientifico-tecnologica internettiana che oggi hanno; semplicemente cercando tra quella che è la cultura 'generale', ad ampio spettro, i dati che ci servono per spingerci 'appena un po' più in là' del banale.

E' il sole alto, molto alto, in piazza San Carlo che, per primo, suggerisce che c'è qualcosa di strano e  magico nell'aria; le ombre non sono mai state così corte qui, la solita passeggiata post-pranzo rivela note dell'ineffabile; complice il cielo sereno che illumina questa Torino così profonda e dolce, pronta a festeggiare quel San Giovanni che col solstizio, e con la città, molto ha da spartire.

Il ciottolato calpestato nelle vie del centro, le figure geometriche alla base delle fontane in Piazza Castello, l'austero disegno delle vie che tagliano i cieli e puntano dritto alle montagne- non si nasce invano tra i monti, scriveva qualcuno (Marziano Bernardi,Un po' di Piemonte, SEI), sul carattere dei piemontesi -  portano i curiosi a ragionare di cose che si collegano, un po' come nel gioco delle perle di vetro di Hesse, ed è proprio lì, ad un passo, il collegamento tra il solstizio e san Giovanni: di Giovanni ce ne sono due, il Battista e l'Evangelista, e sono posti a guardia dei solstizi, quello estivo e quello invernale (24/6, 27/12); c'è chi dice che questa disposizione sia dovuta all'assorbimento di un culto del sole, precedente al cristianesimo, per far sì che in questi due momenti così importanti, grandi, santi dell'anno ci siano due 'porte' a presidio del periodo che ci riconducano alla base di una religio primitiva, solare, forte.

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Giusto per giocare con le idee basta proseguire il digestivo passeggio da Piazza Castello fino alla piazza del Duomo, passando sotto l'arco di Palazzo reale o tra i meandri della caffetteria, per ritrovarsi davanti al Duomo... di san Giovanni, appunto: ancora pavimentazioni squadrate come le cornicetet delle elementari che accolgono l'edificio di culto principale di Torino, davanti a quel 'palazzaccio' al posto del quale doveva esserci la fontana angelica con la sua porta dell'infinito ora in piazza Solferino, e ci si abbandona a pensare quale respiro poteva avere siffatta piazza, con la successione cappella del Guarini - Sindone - Duomo - Piazza - Porta dell'Infinito - su verso i monti ... una fuga verso l'alto di proporzioni inimmaginabili.

Passeggiare in fronte al Duomo è esperienza notevole; appena ci si ricorda che è la ricostruzione di tre chiese antecedenti che volle il cardinale Domenico della Rovere che, sembra ben poco modestamente e con carattere poco torinese, si firma per ogni dove sulla facciata (DO RVVERE CAR S CLE), facciata che volle fosse affidata al gruppo di scultori fiorentini di Meo del Caprina, autori delle forme e scalpellini della facciata.

Come ogni luogo di culto la chiesa va guardata dall'esterno all'interno, la si percorre da destra (passando per l'altare, la croce) a sinistra, la si guarda da destra (passando per il centro alto, la croce) a sinistra; cioè tutto parte dall'angolo esterno destro e si sviluppa nelle altre direzioni. Lentamente in quest'angolo la mente curiosa nel pomeridiano passeggiare viene folgorata da due considerazioni che annullano i torpori digestivi e ricollegano il luogo al momento: la meridiana astrologica e l'inizio dei cicli delle 'grottesche'.
La meridiana è uno dei pochi esempi di questo tipo e, per giunta, costruita su un edificio ecclesiastico. Un edificio della Chiesa che, storicamente, non è mai stata accogliente verso le idee astrologiche, pur molto più antiche; la meridiana è molto bella anche se degradata, disegnata nei toni dell'oro, e ad ogni mezzogiorno solare si può passare a vedere il segno astrologico corrispondente; al solstizio l'escursione è massima e viene 'segnato' dallo gnomone un gancio che c'è in basso a sinistra, che non so bene a che possa servire. Il collegamento tra il giorno, l'ora, la città e le antiche simbologie si fa sentire, la soltiziale passeggiata sollazza l'animo.
 
Ma è nell'analisi delle cosidette 'grottesche' che qualcosa in più stupisce. Le grottesche sono quei simboli scopliti disposti a 'candelora', come fossero fiori di una pianta che cresce, così chiamate dai loro rinvenimeti nella domus aurea.
La prima, in basso a destra, l'inizio del primo ciclo, è un segno di una statua bifronte, presumibilmete un Giano bifronte, il dio degli inizi, e le connessioni si fanno ancora più complicate e affascinanti. Y-A, in sanscrito è la radice del termine che significa via, porta; da cui ianua in latino ed il conseguente iohannes; i solstizi, nel senso religioso primitivo, sono proprio indicati come porte (la porta degli uomini quello estivo, la porta degli dei quello invernale) e l'aver sistemato i due Giovanni cattolici come porte a guardia dei periodi dell'anno ne è segno; il Giano bifronte ne è pure simbolo, con il viso giovane che guarda da una parte e quello anziano che guarda dall'altra, proprio quel Giovanni (evangelista) che nell'Apocalisse... sembra vedere proprio il futuro, proprio quel Giovanni (Battista) che si esprime davanti al Cristo (sole) con 'io devo diminuire perchè lui possa crescere', chiaramente leggibile come movimento solare.

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Urca, c'è da sedersi un attimo all'ombra del Duomo per digerire tutti questi ragionamenti, per assorbire questo giorno di solstizio come illuminante simbolo della trasformazione, del momento culminante che comporta una inversione di tendenza, come simbolo del respiro, della vita, del continuo pulsare nel cambiamento, dell'equilibrio delle diversità, della polarità insita in ogni manifestazione vitale dove le differenze non sono altro che diverse espressioni dello stesso movimento. Ci si diverte allora a provare a mescolare i contrari; così l'alto e il basso si uniscono in quel 'padre nostro' primievo che recitava 'come in alto così in basso' e fa capolino Ermete Trimegisto tra i ricordi, in un luogo indistinto tra Harry potetr e la filosofia ermetica, il bene e il male li si riconosce solo da quando è stato mangiato del frutto della conoscenza del bene e del male (prima erano indistinti? boh) segnando l'inizio del mondo polare, e così si può procedere per poli a montarne e smontarne le differenze in questa magica giornata torinese.

Guardano le 'grottesche', cioè le sculture più esterne al Duomo, è difficile cercare di scorgere il significato della loro sequenza; si intuisce qualcosa qua e là, ci sono alcuni motivi ripetuti (il doppio e il singolo, i pesci, il bucranio, il capro, l'aquila) ma non ho trovato modo di 'unire i puntini' per ricostruire il significato; magari qualche lettore potrà aiutarmi. Probabilmente simboli come il bucranio, cioè il teschio di bue così simile alla forma dell'apparato genitale femminile, portano riferimenti ad una religione matriarcale o della Grande Madre; messi così, davanti ad un Duomo cattolico, sembrano urlare qualcosa ad un mondo che forse, come me, non ha più orecchie per intendere.

Per ripararsi dalla calura si entra nel Duomo e, proprio a ridosso della facciata d'ingresso, c'è una copia dell'"Ultima cena"; un'opera imponente, che ha visto in questa facciata la possibilità di trovare supporto adeguato e che, anch'essa,  lascia qualcosa legato al giorno. Il quadro è copia di quello di Leonardo; gli apostoli sono quindi ritratti negli stessi atteggiamenti, narrando la stessa scena evangelica. Però, andateci, fermatevi davanti e guardate Giovanni; qui sotto, è quello a destra.



Sicuramente è ritratto in modo diverso dagli altri: nell'atteggiamento, nelle vesti, nell'espressione, nell'immagine stessa di una femminilità che sembra poco adatta a questa rappresentazione; ed il discorso dei contrari, dei poli, ricomincia a far capolino. "Il discepolo che Lui amava" dice Giovanni di sè; in realta è la Maddalena moglie di Cristo, dicono tanti altri, alcuni ispirati altri ispiranti danbrowniani romanzi. Troppo facile, questa non è una soap opera; stiamo ragionando di opere di centinaia d'anni, di storie di millenni, delle basi della cultura cattolica; per quanto mi sia piaciuto il romanzo del 'Codice da Vinci' (ebbene sì: vado controcorrente) come 'romanzo' va visto, e basta; non certo come tesi storica. Ha avuto, anzi, il merito di proporre questi temi ad una platea altrementi impermeabile all'argomento.

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Resta il fatto che san Giovanni (Evangelista, naturalmente) è rappresentato con toni di evidente femminilità; i canoni di descrizione della scena evangelica ai quali si sono ispirati i pittori recitavano che questo doveva essere il modo di rappresentarlo. Un uomo rappresentato in vesti femminili è un'espressione di contrari espressi in una unità; per quanto possa stridere con la mentalità corrente, dal punto di vista simbologico è chiaramente collegabile al solstizio, alle porte, a Giano, al mondo polare che i Giovanni rappresentano nel loro eterno oscillare; è un modo di rappresentare l'ineffabile, ciò che ai nostri occhi è indescrivibile e inosservabile perchè siamo macchiati dal peccato originale, perchè vogliamo distinguere il bene dal male, il bianco dal nero (a volte anche dal granata, ma questo è altro discorso).

Ma c'è altro; l'iconografia dell'ultima cena spesso rappresenta san Giovanni accocolato su Gesù; a partire dalla più famosa rappresentazione di Giotto e a seguire con molte altre il discepolo che lui amava è disteso su Gesù, forse addormentato, mentre gli altri stanno discutendo, e non di poco: parlano del tradimento che presto verrà messo in atto.


Domenico Ghirlandaio, Cenacolo di San Marco, Firenze, a questo link trovate molte altre rappresentazioni simili.


 Che ci può essere di più contrastante tra l'atto del tradimento del figlio di dio, l'estremo male, e l'essere accocolati addormentati in sinu Iesu, sul petto di Gesù? anche in questo caso viene straziata la logica a favoredi una sintesi più alta ed iperterrena, quasi uno di quelle espressioni zen che ci lasciano muti d'intelligenza con gli occhi sull'abisso. Muti con gli occhi sull'abisso: questo comunica questo solstizio, questa città, in questo momento, in questo luogo potente che solo in quattro passi in centro consente alla mente di volare alto in una passeggiata pomeridiana.

Buon san Giovanni a tutti. 
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