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Mi piacerebbe molto portare avanti un dibattito, magari supportato da incontri organizzati dalla nostra biblioteca, su alcune delle questioni ultimamente sorte sul gruppo Facebook di La Cassa.
So che in questo piccolo paese esistono menti fertili, spesso nascoste dietro a insospettabili quotidiani sguardi, che potrebbero felicemente aggiungere sale al dibattito.
Dibattito che negli ultimi anni è andato scemando, non so perchè; ciò non mi frena dal provare a stimolarlo, giusto per la curiosità di vedere chi risponde.
In uno di questi interventi ho provocatoriamente chiesto cosa può dire, un medico o scienziato dei giorni nostri, di fronte alle culture millenarie del passato; per esempio nei confronti della nostra religione nazionale, o dell'astrologia, o dell'alchimia, o del taoismo, dell'ebraismo e di chissà quant'altro; sistemi di pensiero durati milleni che sembrano essere spazzati via dalle poche centinaia d'anni del metodo scientifico.
Di fronte a questo mi si chiede se io voglia rinnegare i progressi; 'una volta si moriva di tante malattie', la vita media era di quarant'anni, la peste ti sconvolgeva la vita e per un mal di denti morivi, eccetera.
Premesso che sono felice di vivere in quest'epoca in cui sono collocato da un volere che non posseggo, sostengo che ci siano state epoche in passato in cui si viveva molto meglio; indico nel periodo tra il 1100 e il 1200 quello di massima evoluzione, al quale è seguito un declino.
E' ovvio che la mia tesi non incontra il placet della maggior parte delle persone, ma voglio qui dare alcuni punti per evitare almeno in parte i pomodori che mi verranno scagliati contro.
Naturalmente sgombro il campo da facezie tipo lo 'ius prime noctis', tanto ambite dai romanzieri quanto fole riconosciute; altrettanto penso di avere interlocutori tanto intelligenti da sapere che il cosidetto 'evo buio' fu in realtà uno dei più luminosi, tanto da proiettare la luce che si sarebbe espressa nel Rinascimento e quindi progressivamente affievolita tra i riccioli del barocco.
'Si moriva di peste come mosche!' si declama, senza ricordare che oggi allo stesso modo si muore di cancro, e tra sofferenze ben più lente e atroci. Tra qualche anno qualcuno dirà di oggi 'Si moriva di cancro come mosche!', mormorando sottovoce le inenarrabili sofferenze che la sperimentazione chemioterapica portava agli sfortunati che cadevano nella percentuale dei deceduti.
'Si moriva a quarant'anni! Tu oggi saresti già morto!' si insinua, e sicuramente è vero; lo diciamo noi, oggi, nel periodo in cui i nostri vecchi sono inebetiti e costretti a decenni di trattamenti farmacologici, dopo aver passato una vita a lavorare e a maturare, quando va bene, una pensione che va a finire in badanti, case di cura e farmaci. Per non parlare della nostra pensione, o quella dei nostri figli, che sicuramente non consentirà altrettanto. Personalmente preferisco una vita breve ed intensa ad una lunga ed ebete; ma riconosco di dire una banalità, e che ogni essere umano preferisce vivere zoppicando che morire.
'Si lavorava come dei muli dall'alba al tramonto! Si moriva di lavoro!'; forse è vero oggi! nel medioevo non era affatto così. La maggior parte dei lavoratori era impegnata mediamente per quattro giorni alla settimana ed ogni mese era prevista almeno una settimana di feste; alcune di queste, come i saturnali o le feste delle idi, erano particolarmente intense e coinvolgevano l'intera popolazione, a volte con riti che sfioravano l'orgiastico e il sovvertimento dell'ordine sociale, cosa ad oggi impensabile.
'Tutti erano poverissimi' non è affatto vero! l'indice di Gini, che misura le diseguaglianze sociali, è costantemente aumentato dal 1300 ad oggi; c'è una bella ricerca sul Piemonte e sull'Italia che vale la pena di leggere (Alfani, G., and Di Tullio, M. 2015. Dinamiche di lungo periodo della disuguaglianza in Italia settentrionale: una nota di ricerca). Se guardate l'indice della ricchezza detenuta dal 10% della popolazione, possiamo tranquillamente affermare il contrario: che oggi siamo mediamente più poveri che nel medioevo.
Qui termina la mia provocazione, alla quale mi piacerebbe che non si rispondesse con la sufficienza spocchiosa di chi dice allora non curarti e tornate nel tuo bel medioevo se ci tieni tanto.
Mi piacerebbe invece che ci interrogassimo sul senso di questo nostro progresso sempre meno attento alle persone e sempre di più ai valori economici.
Mi piacerebbe che si andasse oltre alla retorica delle magnifiche sorti e progressive e della storia mediamente insegnata a scuola e, da una grande altezza, si riuscisse a dare un personale giudizio su questo 'progresso' degli ultimi due-trecento anni, di questa 'scienza' che è la nostra nuova religione a cui si deve credere, pena l'eresia, ponendoci due semplici domande:
1) ci ha fatti felici?
2) esiste qualcos'altro di importante?