interventi sul forum di fabrizio GADONI

2015-10-27 14:38:55segretiiniziata la discussione
Non è un piagnisteo, è una semplice considerazione sociologica, forse antropologica, un po' onirica, di un illuso: ma che gente è quella che quando parla nel più alto dei consessi tiene la mano davanti alla bocca? Che cosa ha da nascondere? E' la stessa gente che normalmente preferisce voti segreti? Che segreti ci sono che noi non dobbiamo conoscere...è il Paese dei calci di nascosto al motociclista sperando di non essere visti, è il Paese delle tecniche sussurrate al vicino di banco occultando il labiale perché altrimenti qulacuno, chissà, potrebbe anche capire! Ecco: capire! Forse ho capito che non dobbiamo capire! Ci ho messo molto, ma nel mondo in cui sono cresciuto non era così. C'erano i segreti, ma c'era anche il buon gusto di tenerli tali in pubblico. Oggi ci si nasconde la bocca per far capire chiaramente che ci sono dei segreti e loro, quelli degli alti consessi, possono nasconderli pur facendoci intendere che ci sono, perchè loro sono loro e noi non siamo ... marchesi del del Grillo! In questo paese di furbi e segreti, di calci furtivi e di meriti inventati, ci andrebbe un po' più di poesia, un poì più di canto, perchè quando si recita e quando si canta, se si tiene la mano davanti alla bocca, si fa una figura da idiota...
2013-09-05 09:29:53lucianoiniziata la discussione
parlava lentamente, come fanno le persone educate, e a voce sempre bassa, come fa chi è sicuro di ciò che dice.
viveva lentamente, assaporando le cose semplici della vita: i suoi pomodori, l'olio che andava a prendere in abruzzo perchè là lui aveva le sue radici e conosceva la genuinità di quella terra, e poi il freisa vivace di aramengo, la "sua" grappa, quel certo formaggio che ogni tanto scopriva da qualche parte sorprendendo gli amici con i quali gli piaceva condividerlo.
amava i ritmi pacati, amava veder crescere la sua silvia, amava vederla lanciare palle oltre la rete dei campi di volley, amava sentirsi rampognare da sua moglie perchè...c'era sempre qualche ritocco di tinteggiatura che...ma lui, pacatamente, la rassicurava: prima o poi lo avrebbe fatto! e piera - incredula - ci rideva su.
l'unica cosa in cui non era lento era nello sferrare il suo bel diritto nelle partite di tennis: tutti giocavano volentieri "con" lui, non ho mai sentito nessuno dire di dovergli giocare "contro".
è bizzarro constatare che ad un uomo che ha fatto della lentezza il suo modo preferito per assaporare la vita, la vita stessa sia stata tolta da una malattia caratterizzata da crudele velocità.
chissà perchè? credo che in questo momento, in qualsiasi posto si trovi, anche lui, seraficamente, se lo stia chiedendo. chissà se dove si trova adesso può ancora mantenere i suoi ritmi pacati, il sorriso coraggioso degli ultimi tempi: che sia vita diversa o che sia qualcosa di umanamente non percepibile, sono sicuro che la risposta sia SI.
così come la brutta separazione da lui non cambierà il ricordo di chi gli ha voluto bene, nemmeno LUCIANO, in qualsiasi posto sia andato, potra mai diventare una persona diversa dal caro amico che è stato, anzi, semmai in quel posto, porterà un po' della sua saggia lentezza.     
2013-03-17 16:19:29finestreiniziata la discussione
cercando, cercando, ho trovato una finestra aperta.
sfogliando, sfogliando, ho scoperto di averne già scritto, a suo tempo.
e quando ho saputo che istituzioni, e valutazioni ben più autorevoli di me hanno apprezzato, non mi resta che ricorrere ad una delle poche certezze che ho:

chi possiede una chiave poetica per l'interpretazione dell'esistenza, è salvo!

bravo diego.
2013-02-26 09:44:33speranzain risposta a questo messaggio
la speranza è che ci siano stati dei brogli.
io voglio illudermi che ci siano stati: non posso credere, dopo tutto quel che è accaduto a cui mi sembrava di non poter credere, che il centro destra abbia "convinto" su per giù il 30% di italiani.
2013-01-04 11:38:28i piratiin risposta a questo messaggio
in un'epopea romantico letteraria, nell'immaginario fantastico adolescenziale, nei sogni di rivalsa che prima o poi tutti facciamo, i pirati sono (erano...) coloro che depredavano le navi dei potenti di ritorno dall'aver depredato terre e popoli sovente inermi. differenza tra le due azioni: i potenti, gli stati, gli "imperi" depredavano su terra con enormi disparità di mezzi; i pirati toglievano a quei predatori ben vestiti passando dal mare che era più forte di tutti, depredati e predoni. non da poco!
dalla parte dei pirati, sempre!
dalla parte di coloro che prima ancora di rimediare alla fame, devono pensare a vincere le leggi della fisica attinenti al difficile galleggiamento in acque tormentate. prima ancora che ai sentimenti devono pensare a vestire la loro voce di fronte a quella sempre più alta della bufera che urla. il mare è il loro padrone, non l'oro da riportare nelle tranquille casse dell'impero, il vento è ciò che li sospinge, non la pietà ipocrita per chi sgozzano e gettano ai pesci che di quelle carcasse mangiano le budella, non certo le medaglie pendenti da vane divise.
si va in questa direzione, di questo passo: dell'anelare a pirati che, soli, potebbero riequilibrare le sorti sperequate del mondo, già, del mondo non del nostro piccolo paese che celebra assassini autentici contravvenendo all'idea di pietas di cui qui da noi ci sono versioni e versioni, quasi tutte di comodo.
noi non spariamo per difenderci, lo facciamo perche non sappiamo fare altro: sparare ai pirati è come suicidarsi, noi abbiamo inventato i pirati, ma di quelli veri non ne siamo che simulacro.
i pirati autentici, quelli della "redistribuzione", quelli che per arrivare alle navi da depredare hanno dovuto affrontare il mare e lo hanno convinto a lasciarli passare, hanno davvero e semplicemente bisogno di ciò che c'è sulle navi, non interessa loro dimostrare, coi fucili, la superiorità di una nazione affermandone la sicurezza dei cittadini nelle acque del mondo. 
lasciateci il romanticismo, lasciateci l'adolescenza, lasciateci la fantsia, i sogni, lasciateci stare dalla parte dei pirati: questa (per ora) innocua, silenziosa, individualissima rivoluzione.          
2012-12-05 19:19:01per un caco che resiste, una casa crollainiziata la discussione
Era la classica casa d'angolo, quegli edifici di riferimento che segnano quasi dei confini. Il suo era quello tra la sinuosità dell'agglomerato urbano della via Roma – già via Maestra – e lo spazio improvvisamente aperto di largo Oropa, dove una volta si trebbiava il grano, e le donne facevano il bucato nel Naviglio che lo attraversava. Siamo a Druento, e da quando ho memoria, io mi ricordo di quella casina: già negli anni della mia infanzia – i primi '60 – disabitata, sempre oggetto di un ultimo sguardo veloce e distratto dei passanti, dalla bicicletta, meno degli automobilisti, prima di immettersi – o lasciare – il cielo azzurro che, ad esempio oggi, si appoggia su montagne bianchissime. Disabitata, un po' in rovina ma non pericolante, dimessa ma non fatiscente, con il suo bel ballatoio in legno, e i gradini in pietra, e quella porta piccola sulla strada con inferriate robuste in ferro messo a croce, probabile accesso di antica stalla. Su due piani, ma piccola davvero, e talmente particolare nel suo essere sempre stata lì dal rappresentare un simbolo minore ma pur sempre caratterizzante di Druento. Se ne ha notizia dal 1700, e ne sono certo. Oggi l'hanno abbattuta. Da tempo si parlava di una ristrutturazione, necessaria per la sicurezza, per carità, ma io credevo – come si dice oggi – “conservativa”, invece… Sotto questo bel cielo d'inverno, con le prime luci dell'alba straordinaria di questa giornata (chissà poi perché così presto?), un'enorme braccio meccanico ha trascinato via una testimonianza del passato. Un altro sfregio alle tradizioni, alla storia locale. Nessuno mi convincerà mai che ciò che sta per sorgere su quell'area sarà la sola alternativa possibile. Quella casetta non segnerà mai più alcun confine, su di lei è calata la scure della sensibilità di chi crede nel valore delle villette a schiera, ed ha l'ipocrisia di denominare il consumo irresponsabile di territorio “interventi di riqualificazione”. Siamo nel Paese che non riesce ad impedire che crolli Pompei e, se è lecito paragonare le cose grandi alle piccole, il crollo non proprio naturale della casetta d'angolo di Druento, oggi, intristisce la mia giornata. Seguirò con molto interesse i lavori di “riqualificazione”.           
2012-11-30 09:51:09operai e metaforeiniziata la discussione
Quando gli operai parlano di metafore, sanno cosa dicono. La tromba d'aria su Taranto dell'altro giorno è stata l'occasione per un operaio dell'Ilva di trasferire il significato naturale dell'evento atmosferico su tutto ciò che sulle loro teste, sulla loro salute, sui loro affetti si sta scatenando.
Quando gli operai parlano di metafore con la voce alta e rotta dal dolore di chi sa che quella tromba d'aria non è che l'amplificatore spettacolare e definitivo di migliaia di piccoli e grandi drammi, non si può non sentirne la voce d'accusa verso tutti quelli che vivono delle loro misere certezze e fanno tragedie se … piove troppo!
La classe operaia, forse, non esiste più, sta scomparendo sotto i colpi di una globalizzazione che dà bastonate alla ruota del progresso per farla girare al contrario, di certo, come si diceva quando eravamo giovani, non è andata in paradiso, ma che si meriti l'inferno di Taranto, rappresentato da quella “metafora” descritta dall'operaio di fronte al ministro (ieri sera da Santoro, in tv), questo è davvero troppo. Un operaio che urla e un ministro che, magari anche con buoni argomenti, ne considera i modi scalmanati con la benevola e supponente sopportazione che si poggia sulla certezza della propria superiorità: che brutto spettacolo! Negli anni '70 non sarebbe stato possibile, non grazie alla qualità dei ministri, evidentemente, ma grazie all'efficacia dei rappresentanti veri dei lavoratori, degli operai. 
Ma oggi gli operai spariscono dalla scala sociale, spariscono dalle gru, spazzati via da quell'incredibile dies irae della tromba d'aria, spariscono dagli interessi della gente che accoglie con un certo malcelato fastidio i problemi di lavoro di 20.000 persone, riesce invece ad appassionarsi di più guardando (si, guardando, più che ascoltando) due signori benestanti e pieni di sé che provano a stabilire chi tra loro debba ricoprire il ruolo di “maschio alpha” della parte meno becera della politica italiana.
Sommersi di parole, non siamo più capaci di ascoltare quelle che ci servono, e che forse ci aiuterebbero a capire, ma almeno quando le sappiamo riconoscere, fermiamoci a rifletterci su. Quando gli operai parlano, stiamo ad ascoltarli. E anche se un operaio urla, caro ministro, non sorrida, ascolti i contenuti di quella voce alta e rotta, non si limiti a guardare quegli occhi da “cerbiatto inferocito” cerchiati di scuro e inumiditi da dignitosissime lacrime: sono quanto di più autentico, molto probabilmente, le sia capitato di vedere nella sua piena giornata.  
2012-09-14 13:21:39haikuiniziata la discussione
ma perchè, proprio sotto la mia scarpa...
per gli insetti il futuro è una questione di qualche millimetro!
2012-03-20 12:08:58903.901iniziata la discussione
questo è il reddito dichiarato nel 2011 da un signore che siede nel parlamento italiano.
questo reddito è la somma dell'attività di parlamentare con quella della sua professione privata, fa l'avvocato. è un avvocato di grido, anzi, che fa gridare allo scandalo chi, come me, lo paga. ma c'è ancora qualcosa che ci scandalizzi?
io so che, da dipendente pubblico, non posso avere altri incarichi lavorativi se non con particolari e restrittivissime autorizzazioni. io so che, quando facevo collaborazioni con altri enti, autorizzate dal mio di provenienza, prendevo, lordi, 22 euro all'ora. io so che per i comuni mortali c'è qualcosa di vietato. io so che cosa vuol dire andare avanti nella vita con queste cifre, chi percepisce 903.901 euro, forse, fa un po' più fatica di me a capire.
una volta qualcuno ha detto: non chiederti cosa può fare il tuo paese per te, senza avere la risposta su cosa tu possa fare per il tuo paese: ora questo avvocato, oltre che per sé e per i suoi facoltosi clienti, fa qualcosa per il suo e nostro paese? oltre che a scrivere le leggi per non infrangerle, cosa fa per il paese? come può una persona così distante dalla gente e così vicina ad un certo tipo di gente, essere di qualche utilità per il bene pubblico?
in questo periodo la parola più usata è vergogna.
leggendo quella cifra e il cognome del contribuente al quale corrispondeva, un altro termine si è impossessato della mia reazione: stanchezza!  
2012-02-29 11:15:46patagoniain risposta a questo messaggio
ha ragione biagio: la solidarietà è tutto in un mondo che non dà più importanza a nulla.
la solidarietà, da noi, si è ridotta ad un atto di pietà, la dove le condizioni di vita sono davvero difficili, invece, è rimasta ciò che dovrebbe essere: un moto istintivo de cuore.
la patagonia è la celebrazione del nulla che entra nel cuore con i suoi silenzi sconfinati e con le sue solitudini fatte di incontri straordinari. in patagonia la vita è difficile e quando vite difficili si incontrano, magari dopo giorni di reciproche solitudini, hanno la capacità straordinaria di riconoscersi e di rallegrarsi nel farlo. noi qui facciamo fatica a salutare il vicino di casa...
dobbiamo ricercare la difficoltà per ritrovare la nostra umanità?



   
2012-02-23 09:36:54lettera ai giovani di un cattivo "maestro"iniziata la discussione
C'è una donna nelle mie mattine pre-lavorative. È già in là con gli anni, mentre io sono poco più che un ragazzo. Ne incrocio lo sguardo nel gelo invernale, e nell'unica frescura delle albe estive, tutti i giorni, sia che vada a lavorare in bicicletta, sia che ci vada a piedi. Sembra che ci diamo un appuntamento. Eppure non ci conosciamo. Le rare volte che la incontro fuori dall'orario pre-lavorativo, al mercato, in qualche negozio, semplicemente per strada, non ci salutiamo. Sappiamo di conoscerci ma tra noi c'è solo quello sguardo del mattino, troppo poco, secondo stupide convenzioni che comunque rispettiamo, perché nasca l'intimità del saluto. Solo un cenno, qualche volta, quando proprio ci incrociamo per strada e non c'è nessun altro a giustificare il deviare del nostro sguardo: un lievissimo e segreto sorriso di intesa su ciò che solo noi sappiamo. E ciò che sappiamo è che lei vede ogni mattina un giovane uomo andare al lavoro, ed io una anziana donna sbattere il tappeto dal balcone. Tutto qui. Per venti, trent'anni. Tutto uguale, tranne il tempo che si porta via le nostre abitudini e ci trascina con loro verso il momento in cui si interromperanno. È strano come questo appuntamento del mattino poco influisca sul corso delle mie, come delle sue, giornate, ma come ritorni immancabilmente, quando svolto una certa curva, come una confortante certezza: ecco – penso – anche oggi sbatterà il tappeto. Poi dimentico quel gesto, quell'incontro, quel pensiero. Non è un momento importante, ma è un momento cannibale. Per me, per lei, è il segno del tempo che ci sta divorando. Nell'abitudine dei soliti gesti, nella certezza di un breve percorso, nel reciproco dimenticarsi del tempo, nel farci travolgere da pensieri che non ci appartengono (lavorare otto ore al giorno, sbattere il tappeto), quella donna ed io invecchiamo insieme, senza saperlo, senza poterci far nulla. Lo sappiamo, ci saranno sempre tappeti da sbattere e più lavoro da fare di quello fatto, ma noi, come Sisifo, continuiamo ad incrociare i nostri sguardi del mattino come se nulla fosse. Ed è forse proprio il nulla che ci accomuna. Oggi non ho incrociato quello sguardo. Oggi nessuno ha sbattuto il tappeto dal balcone mentre andavo a lavorare. Oggi ho scoperto come si chiama quella donna: Nicoletta. L'ho saputo dall'annuncio mortuario appeso sul cancello della sua modesta casa. Non fate così, giovani. Non lasciate che il vostro percorso sia sempre lo stesso. Percorrete le strade del mondo, anche se non ne conoscete il destino. Abbiate come spinta la forza dei vostri anni e la conoscenza della parte buona delle tecnologie, non ascoltate i discorsi sulla monotonia di gente molto autorevole ma senza prospettive, tuttavia evitate di sedervi, fate guizzare i vostri sguardi rapidi su realtà che non conoscete: soffermarsi troppo a lungo su una realtà nota, significa morire sbattendo un tappeto o guardando una donna che lo fa. Non lasciatevi cannibalizzare dal tempo, siate voi ad usarlo e non consentitegli, nella ripetitività delle azioni della vostra vita, di trascorrervi addosso senza che ve ne accorgiate se non da qualche ruga, qualche capello in meno e magari un po' di pancia. Ci sono donne che ogni mattina del mondo sbattono i tappeti fuori dal balcone ma, credete, ci sono posti in cui non ci si vergogna di salutarsi, basta incrociare lo sguardo di una di queste donne e ricambiarne il saluto per sentirsi più autorevolmente e con più piacere, parte attiva dell'umanità. Ci sono questi posti, cercateli. Cercate di vivere in modo poetico la vostra vita: la poesia è un viaggio attraverso noi stessi che non deve essere contagiato dalla realtà che ci circonda. Vestitevi di leggerezza e andate per il mondo. Se riuscirete a trovare una chiave poetica per interpretare la vostra vita, ne diverrete protagonisti e sarete salvi. Non aspettate di scoprire il nome di una persona dal suo annuncio mortuario: chiedeteglielo!
2012-02-17 15:11:08piazza tien an menin risposta a questo messaggio
bisognerebbe fare come quell'uomo che, davanti al carro armato, ne sbarrò l'incedere. 
non vedo altre possibilità per frenare il declinare del pensiero amministrativo dei nostri politici (non solo locali ahimé) verso il ripetuto mantra delle privatizzazioni. io sono cresciuto nello stato e ne ho sempre difese le prerogative, soprattutto in settori che non necessariamente dovrebbero produrre profitti - cultura/sport/tempo - e assolutamente dovrebbero escluderli quando gestiscono argomenti vitali - acqua/qualità della vita/pensioni - be', ho scoperto in questi ultimi anni, di aver sbagliato tutto.
che fine ha fatto quell'uomo?
nessuno lo sa, alcuni parlano di averlo visto impiccato, altri ne raccontano la cattività in un ospedale psichiatrico. nulla ha potuto quel suo gesto indimenticabile, se non imprimersi per sempre in chi ne ha "ascoltato" l'effetto impressionante. una sinfonia di beethoven, un romanzo di tolstoj, un quadro di caravaggio: non hanno cambiato il corso della storia, ma prima, semplicemente, non c'erano!
dobbiamo svegliarci e scendere in piazza tien an men? forse, ma con la certezza di non realizzare alcun capolavoro, ha senso? ha senso mettersi di traverso con una classe politica che ottusamente si aggrappa alla necessità di cambiare il ritmo della crescita e non si accorge che è il modello per perseguirla che va cambiato? questa classe politica ha già perso con la storia, ma noi nel nostro presente distratto e colpevole non siamo gli argentini del que se vajan todos, e continuiamo a darle un inspiegabile consenso dal quale prosegue a trarre comprensibile arroganza. siamo tutti greci...
parlare di aprire ai privati il parco la mandria è un ossimoro: nemmeno nelle più detestabili tra le "democrazie" liberali esistono parchi privati, esistono realtà in cui bisogna pagare un biglietto d'ingresso finalizzazto alla preservazione dell'ambiente, ma nessuno si sogna di scaricare in esso di tonnellate di cemento modificarlo in modo sostanziale alterandone bellamente ogni equilibrio naturale.
vivo come una colpa il centro internazionale del cavallo.
colpa di cittadino distratto, colpa di un individuo ingenuo, colpa di una persona ingannata da una vera e propria propaganda. noi di druento non abbiamo fatto nulla affinché lo scempio avesse luogo, l'eco-mostro sorgesse, il territorio gemesse.
gli animali, dall'area, sono scomparsi: inquinamento luminoso e sventramento dei prati. le ricadute economiche su druento (vedrete - ci dicevano - creerà lavoro) non ci sono state: credo ci siano quattro dipendenti che oltre tutto attendono mesi lo stipendio a causa del collasso economico in cui versa la struttura. sotto l'aspetto turistico le cose non vanno meglio: vi sono poche e poco seguite manifestazioni senza alcun coinvolgimento del territorio, molto attente a richiamare stra-vip e molto poco seguite dalla gente dei paesi vicini.
conosco persone, nate in madria, che non hanno più il coraggio di entrarci da quando il capannone ha oscurato parte della montagna guardandola dai resti alto medievali del castlass di rubianetta. 
e noi di druento non siamo andati n piazza tien an men. li abbiamo lasciati fare.
per finire, quindi, condivido i brividi, ma contro i carri armati...solo svegliarsi, temo, serva a poco. contro i carri armati ... be' forse è meglio che mi fermi qui!
...pace come viene detto sovente su questo sito...anche se........   








    
2012-02-14 13:43:07universoin risposta a questo messaggio
ipnotizza, rapisce, affascina, smarrisce, scuote, destabilizza, demotiva, rimotiva, droga, stupefa, allarma, atterrisce, tranquillizza, spaventa, confonde, ma, soprattutto, fa riflettere! e mi fa venire il leopardi del pastore errante per l'asia: dimmi o luna, ove tende questo vagar mio breve? (o qualcosa del genere)
2012-02-03 15:04:59la cassa...ndrain risposta a questo messaggio
Alcune imperfezioni, a mio avviso, nella replica di Italo, e poche riflessioni mie che la Cassandra che è in me mi suggerisce:
- dobbiamo esser grati, comunque, agli amministratori locali i quali, per definizione, amministrano il loro tempo libero amministrando le piccole o medie comunità. Chi, infatti, è disposto a fare altrettanto? Chi sacrifica i propri interessi al bene comune o a ciò che, in una certa cultura, è inteso come tale? Pochi, qualche narcisista, qualche illuso, qualche idealista, qualche affarista. E' una specie rara, ne è prova l'avvicinarsi dei periodi elettorali quando inizia la "caccia" al candidato forte; senza offendere alcuno e parlando delle esperienze personali con cui sono venuto in contatto, cito il De André de sono loro, stasera, il meglio che abbiamo...? 
fornire gli amministratori di mezzi e formazione adeguati dice Italo, proponimento interessante al quale, tuttavia, preferirei il suo prodromo: selezionare gli amministratori in base alle competenze, ai loro trascorsi e comportamenti adamantini, al loro reale tasso specifico di entusiasmo. Sarebbe sufficiente una semplice prova selettiva (avrei già persino in mente alcune "materie fondamentali") per evitare di mandare allo sbaraglio persone e cose anzi, "cosa" nel senso di res. Tecnici senza entusiasmo generano "Monti" di guai, entusiasti senza tecnica normalmente provocano felici dissesti.
- soffermandomi ancora sulla "formazione", mi permetto un'ulteriore riflessione: diventare un pubblico amministratore non significa entrare in un programma educativo, né avere la possibilità di seguire percorsi rieducativi, pertanto respingo l'ipotesi di Italo di concedere a chiunque tale possibilità solo in virtù del fatto che...ha tanto tempo libero;
- il cemento blocca, consolida, tranquillizza con la sua fermezza, non ha bisogno di curiosità, gli bastano calcoli ben fatti per restare lì tanto a lungo quanto almeno 10 volte la vita di chi ce lo ha buttato; il cemento non è bello ma è sicuro, non si evolve, non cambia mai opinione, il cemento rapprende le idee, le cristallizza in una immobilità che non conosce il dubbio. Il cemento è imbattibile e sovente inabbattibile: quella contro il cemento è una guerra già persa. L'Italia è un emmenthal di cave in cui la bellezza dal quale la bellezza è stata bandita;
- naturalmente sarebbe preferibile vivere in un mondo popolato da molti illusi del calibro di Italo e Biagio, ma proprio non trovo comprensibile l'affermazione del primo che mischia Dostoevskij con gli strumenti urbanistici, costui non vive nel nostro mondo! Se io sono Cassandra lui è un inguaribile ottimista, e mi sento di concludere che abbiamo in comune una cosa: entrambi non vediamo in modo chiaro come esattamente stanno le cose. 



2011-12-30 14:57:20sul restare, sul partireiniziata la discussione
restare o partire: questo è il dilemma!
lasciare questo paese in cui ogni giorno prosseneti istituzionali tentano di farci credere che agiscono per noi, o restare a difenderlo, il paese, con le poche nostre forze e la convinzione di essere nel giusto?
se sia più nobile tollerar le percosse e gli strali della sorte oltraggiosa del restare, oppure levarci a combatter tutti i nostri triboli e fuggire verso un lontano ignoto, non mite, di certo, ma giammai dimesso...
il morire, il dormire, nel restare, insieme alle nostre piccole conquiste di una vita, ciò che con illusione soverchia chiamiam "certezze", fino a quando qualcuno non deciderà di prendersele. e con questo sonno dar termine agli affanni dell'animo, ai doveri genitoriali, e ad altre miserie nobili che ci legano qui.
morire, dormire, forse sognare. ah, ma è qui l'intoppo: perchè il pensiero nel sogno non guida i sogni dai quali siamo visitati. e inizia l'euforia, la speranza di cose, di incontri, di orizzonti, di diverse certezze. non aspettare di essere spogli del nostro involucro effimero per accarezzare i sogni non come rifugio, come rimpianto, ma come possibilità.
eppure è in questa incertezza che si muovono le vite: tra la sventura del vivere restando, e la voglia di sognare il partire. chi sopporterebbe altrimenti il flagello e le offese del tempo, l'ingiuria degli oppressori, la villania dei superbi, gli spasimi dell'amor disprezzato e gli sfregi che l'umilità dei meritevoli subisce dagli indegni, se non avesse la certezza di poter sbagliare tra il restare e il fuggire. almeno questo libero arbitrio ci è concesso.
chi vorrebbe portar sudando e gemendo la soma di una logorante esistenza se la paura di qualcosa oltre il restare - l'esplorato conforto delle nostre certezze - non trattenesse la nostra volontà facendoci preferire i mali presenti ad altri che non conosciamo?
così, la coscienza ci rende codardi, e le più grandi imprese restano confinate nell'inesplorato territorio dei sogni e vanno a finire, come i sogni, in nulla, al massimo si trasformano in un vecchio piegato che, con denaro appena sufficiente allo sfamarsi, dice a sè stesso: ah, se solo avessi saputo...! 





      
2011-12-24 17:16:23paradosso del tapis-roulantiniziata la discussione
Il Paradosso del tapis-roulant   D'inverno dai balconi un po' più alti delle nostre abitazioni, si vedono le montagne. Questa mattina erano velate di rosa, poi si è alzato un vento tiepido che ha donato loro l'azzurro che conta quando le giornate sono corte, e la fissità della neve – troppo lontana per la stagione – ha lasciato che il mio sguardo si arenasse su quel lontano domestico, compiacendosene. Eppure ci sono quelli che si comprano un tapis-roulant! Sono sicuro che per Natale qualcuno… Fa parte delle nostre certezze: il tapis-roulant ti permette di correre anche se piove, se nevica, se fa troppo caldo. Ce lo mettiamo in casa, con tutte le nostre certezze, con l'I-qua, l'I-là, lo stereo, l'mp-qualche n°, tutto ben chiuso da doppi vetri, porte blindate, antifurti. Tutto sicuro, tranquillo, senza sorprese. Già, appunto, senza sorprese! Andiamo a sciare? Si, e non importa che non ci sia neve, la creiamo; andiamo a nuotare, a giocare a tennis? Si, e non importa che faccia freddo, costruiamo l'estate; siamo pallidi? Ci sono posti molto tranquilli con palme di plastica e soli ultravioletti dove chi vuole ne esce olivastro; vogliamo andare in bicicletta senza prendere freddo? Esiste lo spinning; vogliamo correre? Ecco un tapis-roulant che possiamo utilizzare ricreando salite o pianure a nostra discrezione, oltre tutto stando comodamente, soli, a casa nostra. Sovente scegliamo di vivere in bolle di protezione artificiale quando dal balcone di casa nostra vediamo le montagne: siamo gente strana! Mi viene in mente un vecchio romanzo di Abbott (credo) che si intitola Flatland che parla di un posto in cui gli abitanti conoscono solo una dimensione. E mi viene in mente una domanda: ma a noi, chi ci obbliga a privarci di andare in bicicletta per davvero, chi ci ha insegnato a “truccare” una delle attività più connaturate all'uomo dai tempi di quando ancora a stento ci reggevamo su due zampe, quella del correre? Chi ci obbliga a comprarci un tapis-roulant? Io amo il mare, che è l'unico elemento che si sottrae alla regola dell'artifizio: se è brutto, non c'è proprio nulla da fare, e amo così tanto le sorprese che continuerò ad andarci nonostante le “brutte” sorprese che potrà riservare. E poi, ogni tanto, non è bello privarsi di un piacere a causa di qualcosa (e non di qualcuno) che davvero si riconosce, indubitabilmente, come superiore?  
2011-12-21 09:59:22il 3 (non c'entra niente con la cassa)iniziata la discussione
Bisogna prendere il 3. E bisogna farlo in inverno, quando il freddo pungente torinese costringe la gente ad indossare giacche pesanti, quelle che se non le hai te le fai regalare da qualcuno, o ne metti una più leggera con molte maglie sotto, e ti vesti a cipolla non per scelta, ma per necessità. Il 3 è il tram dei mercati. È il mezzo che, prima ancora di lasciare le tende di nylon dei balconi delle Vallette e quei casermoni tutti uguali che cambiano solo in altezza e creano un non movimento architettonico schiacciato sul grigio inquinamento che domina il quartiere, incontra il primo mercato, quello di corso Cincinnato. Poi il 3 sfiora la città, quella ricca del centro, quella inspiegabile delle vetrine di boutiques sempre aperte come fauci, quella dei parcheggi a pagamento anche di domenica sotto le feste - così il Comune fa cassa - quella della frenesia di patetiche pellicce non giustificate né dalla cappa di mortale tepore che vi regna, né dalle stragi dalle quali nascono, la città dell'opulenza fuori luogo e fuori tempo, la città dell'irresponsabilità. Il 3  consente ai suoi passeggeri di osservarla da fuori, di intravederne le luci, poi si butta nel più grande mercato d'Italia: Porta Palazzo. Quelli del 3 non vanno ai mercati per qualche vezzo snob o per tradizioni etniche, ci vanno per spendere poco. Ci vanno con il loro giacconi usati, con i loro carrelli lisi e frusti che riempiono di patate, di arance a pochi centesimi, di panettoni dei quali nessuno ha la garanzia che non siano dell'anno scorso. Ci vanno nonostante il freddo, non vanno nei supermercati, vanno in corso Cincinnato perché è lì che il loro modo di parlare viene riconosciuto. Vanno a Porta Palazzo perché ogni tanto hanno occasione di parlare persino la loro lingua madre. La gente che prende il 3 è già stanca prima di arrivarci al mercato, è gente che ha lo sguardo piegato su anni di vita faticosa trascorsi senza che nemmeno loro sappiano esattamente perché. E se lo chiedono, parlano tra loro: questo è bellissimo! Sfiorando la città dei ricchi che si parlano tra loro sempre sorridendo (il ridere è attività più spontanea) direi, riescono ad ignorarla, impegnati così come sono a discutere delle miserie di una vecchiaia, di una vita, di un lavoro come quelli che il destino ha loro riservati. È sul 3 che si possono rubare momenti di grande umanità: una signora con una pelliccia sintetica di molti anni fa, guanti di pile consunti, occhialetti finto dolce&gabbana che si lamenta della inefficacia dell'azione dello Stato verso il nipote 27enne disabile, un ragazzo con un vistoso colbacco acquistato a poco dai cinesi che leva una vibrata protesta contro il “governo dell'Europa” che ci vuole tutti sudditi, schiavi di un €uro che non serve a nulla, un vecchio che si inorgoglisce parlando del nipotino, un negro enorme dai modi gentili che lascia il suo posto a sedere ad una ragazza incinta con i capelli ordinatamente raccolti in un foulard… È gente preparata, educata. Ma perché, mi chiedo, i politici, i tecnici, i giornalisti, i sociologi, i marchionne, i dirigenti, perché non vengono a farsi un giro, un mattino d'inverno, sul 3? È un'università di vita. È un modo molto efficace per capire che la gente è sana, ma è stanca di essere vessata. È la prova che basterebbe poco a questo Paese per cambiare, per essere migliore: il 3 non cambierà mai il suo tragitto, ma sono sicuri, quelli là i politici, i tecnici etc, che quel confine tracciato con la città dell'opulenza non sia dannoso? Perché, continuo a chiedermi, tutta questa differenza? Io lascerei intatto il tragitto del 3 attraverso i suoi  mercati, ma inviterei i signori che tengono le porte aperte d'inverno per “inghiottire” clienti a riflettere un po' di più sulle temperature. Per darsi tutti una bella calmata, credetemi, basta farse un giro sul 3 preferibilmente d'inverno, c'è molto da imparare. È brutto e doloroso vedere come questo Paese agisca con tale e tanta superficialità solo, o soprattutto, su chi conta poco. L'unico effetto che si otterrà, proseguendo in questo solco di divario sociale sarà, a mio avviso, una grande demotivazione di massa. Io sono uno di quei passeggeri del 3 e oggi ho voglia di urlare forte: non toglieteci, almeno, la nostra dignità!
2011-12-14 09:59:29io credoin risposta a questo messaggio
io credo che italo abbia ragione: spesso mi accade di essere d'accordo con lui.
credo che abbia ragione, soprattutto, nell'analisi degli effetti e voglio sottolineare, tra questi, un aspetto di cui lui parla e che non si sente molto trattare ad ogni livello, compreso questo sito: la tristezza.
si, mi ha colpito questa parola, più dell'egoismo, più della tatcher e degli altri elementi devastanti che ci hanno regalato questo oggi sui quali, peraltro, concordo.
la tristezza che invade le città e i cuori della gente è fatta dei mutismi tra le coppie sedute al ristorante, del grugno disincantato di chi sale su un tram affollato, di chi usa il clacson come un mitra sonoro, di chi non "ha tempo" per leggere, la tristezza è fatta degli occhi di una bambina, bellissimi, ma incatenati ad uno schermo televisivo.
ed è in questo punto che io credo di divergere da ciò che pensa italo: sulle cause.
i bambini sono una risorsa e un dovere al tempo stesso e noi, in quanto società italiana, non stiamo investendo su di loro. ecco la vera causa della nostra degenerazione, più, a mio avviso, che l'aver ignorato marx, più, a mio avviso che l'aver sottovalutato reagan.
senza scomodare dostoevskij, non siamo capaci di insegnare la bellezza ai bambini. la conseguenza è che ne facciamo degli uomini e donne precocemente tristi.
la scuola, l'educazione in famiglia, la cultura di facile accessibilità, potrebbero insegnare la bellezza, ma per noi sono campi in cui dobbiamo ancora migliorare, anzi, sono foreste in cui ci perdiamo perchè non le conosciamo.
mi addolora e intristisce il pensiero di quella bambina, oggi ipnotizzata davanti alla tv o chiusa nel mutismo sordo di un videogioco, domani donna seduta al ristorante con un individuo di sesso opposto ad aspettare in silenzio solo la successiva portata, con quello stesso sguardo spento di quando noi, quando aveva tre anni, abbiamo ritenuto comodo non farla piangere e, invece che raccontarle una storia perche "avevamo altro da fare" le abbiamo regalato la sua tristezza. 
allegria! 
2011-11-30 13:42:23occhi azzurriiniziata la discussione
aveva gli occhi azzurri, lucio magri, occhi straordinari che hanno incantato gli sguardi stralunati e sognanti dei ragazzi (non solo delle ragazze) che lo guardavano col naso all'insù e tutta l'attenzione della giovinezza dal basso. e lui, sul palco di piazza castello a torino, stregava tutti con quel suo parlare infuocato e quei suoi ragionamenti lucidi, come il suo nome, chiari, come i suoi occhi.
era un comunista strano, autentico rompiscatole, che sapeva indossare elegantissime sciarpe bianche, che sapeva disegnare improbabili serpentine su esclusive piste da sci, ma allo stesso tempo fumarsi "l'ennesima" sigaretta con gli operai di mirafiori, e dire qualche "no" importante che dato la luce a testate giornalistiche oggi forse un po' malinconiche, e tuttavia ancora rara voce fuori dal coro.
ha voluto spegnere i suoi occhi per amore, perchè non sopportava più il dolore dell'assenza: forse il più importante dei suoi "no".
io, nei miei occhi, porto ancora il ricordo il ricordo di quel comizio (si chiamavano così una volta), di quell'incontro in piazza castello con gli studenti degli anni 70, di quando avevamo i capelli folti e lunghi, e nel cuore e nei pensieri il sole di un avvenire che oggi sappiamo non essere mai arrivato. ma ci abbiamo creduto, anche grazie a lui, a lucio magri che aveva già i capelli brizzolati allora, ed era bellissimo su quel palco. e noi non potevamo non credergli. ma poi non abbiamo fatto abbastanza, abbiamo reso possibile il disperdersi di quegli occhi nella modestia culturale in cui siamo caduti.
oggi è un giorno malinconico per me.
oggi è un giorno in cui sono costretto a ripensare a tutto ciò che avrebbe potuto essere.
oggi gli occhi azzurri di lucio magri non risplendono più e riposano per amore in una scelta di morte consapevole che immalinconisce il ragazzo che fui, ma conforta col pensiero di una fine romantica di fronte alla quale le miserie del presente spariscono.  
2011-11-13 17:15:50musicain risposta a questo messaggio
a druento: banda msicale - scuola musicaviva - scuola cantarteatro
per info: chiamare il 011.994.07.35 (fabrizio gadoni - ufficio)
2011-10-17 09:39:03che schifoiniziata la discussione
scusate, ma sento l'urgenza di urlare a qualcuno - e lo faccio qui - CHE SCHIFO!!!
ho letto un po' di giornali questa mattina, ho ascoltato un po' di radio, ho parlato con un po' di gente, e la litania è stata, più o meno, sempre la stessa: bisogna picchiare, incarcerare, reprimere etc. etc.
mi riferisco ai fatti di roma.
la radio: un giornalista di vanity fair  (sic...) incaricato di leggere le prime pagine dei giornali e di "ascoltare" le domande della gente nella trasmissione di radio3 1a pagina, toglie la parola a due ascoltatori, una sig.ra di palermo e un altro, voci critiche e precise ringraziando di aver chiamato, invece, un imbecille che dopo molte confusioni e salti spazio temporali, dice: be' in fondo carlo giuliani era il figlio di un sindacalista della cigl...;
i giornali: mi limito al corsera che con quel campione di "moderazione" di p.g. battista dice che i black bloc si sono "allenati" e addestrati in valsusa con i no-tav ... da qui al nonna papera diventa regina d'olanda manca davvero poco (o forse ci siamo gia?);
la gente: ieri sono andato a fare colazione in un bar di druento ed ho incontrato due brave persone che conosco da centinaia di anni e che so che non farebbero male a una mosca i quali, accaniti e unanimi, continuavano a sotenere e sostenersi dicendo che la polizia debba sparare ad altezza d'uomo;
ma dove stiamo vivendo?
ma che paese è questo in cui ci si dimentica che i ministri pestano i piedi ai giornalisti cercando di far loro male fisicamente?
ma che posto è questo in cui mezza o tre quarti della classe dirigente è corrotta, ma si stringe a coorte per stigmatizzate la violenza?
con quale autorità lo fa?
che società è quella in cui la gente, i poveracci come me, invocano le pallottole?
c'è - anzi, c'era - un'immagine che all'estero avevano dell'italia: quella del coleottero che sfida e vince le leggi della natura: il peso dell'insetto, rapportato alla superficie delle sue ali lo escluderebbe dal volo, eppure...così era l'italia.
io temo che la divisione della società tra quelli delle delle pallottole e che si bevono le frottole e gli altri, sia un po' come se una delle due ali del coleottero si fosse messa a sbattere nel senso opposto dell'altra, e così nemmeno i miracoli riescono a produrre il volo.
mi sa che dobbiamo restare qui a terra a rimirar lo schifo.
2011-09-20 11:05:48invitoin risposta a questo messaggio
mi onorano le stilnovistiche parole: non le merito ma, narciso, ringrazio!
e mi onora ancor di più l'invito al cospetto dell'accademia de' soloni lacassesi.
mi sia concesso, vista la difficoltà dell'impegno nonché l'orario, coincidente con pregressi doveri, uno spazio di riflessione.

deferenti omaggi. 
2011-09-19 19:10:56amministratoriiniziata la discussione
resto sulla scia del pessimismo.
a proposito di amministratori locali: vi ho a che fare da un trentina d'anni, ma per farla breve - 'che potrei scriverne a fiumi - vorrei condividere su questo sito il seguente decalogo:
1) i migliori sono quelli che hanno le idee a causa delle quali si allontanano troppo presto dalle loro cariche;
2) quelli che resistono sono legittimati dal farlo da quella che chiamano investitura popolare e che spesso scambiano con una sorta di immersione achillea nello stige;
3) di solito parlano molto e dicono molto poco per coprire con la quantità le vorticose lacune tecniche di cui, spesso, non sono né consapevoli, né completamente responsabili;
4) iniziano a cambiare i loro caratteri, le loro amicizie, le loro reazioni, le loro umanità, dal momento in cui si siedono sulla seggiolina del comando;
5) scambiano per amicizia i cenni subdoli della gente che li ha eletti e li omaggia per strada fingendo di conoscerli;
6) tendono ad ignorare il giorno in cui, scesi da quella seggiolina, la gente per strada... li riconoscerà;
7) hanno un concetto di futuro molto semplice che ha poco a che fare con la speranza, con la solidarietà, con la vivibilità, e molto con la "grammatica" dei loro discorsi (faremo, vedremo, rifletteremo, sinergiggeremo...);
8) verso quelli sul gradino di sopra nella scala gerarchica (ad ogni livello) hanno lo stesso sguardo smarrito e deferente che amano vedere nei loro "cari concittadini" quando si rivolgono a loro per qualsiasi esigenza;
9) come i grandi letterati, musicisti, artisti in genere esauriscono, dopo un po', la loro "vena creativa" ma, essendo sottoposti a valutazione di un mercato bizzarro (quello di gente che ha sempre fretta e meno voglia di impegnarsi...p. es. chi scrive), continuano il loro percorso seza dubbi o incertezze;
10) costuiscono inutili templi di cemento in modo compulsivo per consegnare ad un concetto rattrappito di futuro un pezzetto di loro personale e francamente superflua eternità.

11) fuori decalogo: molto spesso non sono necessari. questo lo dice, con affetto sincero per alcuni di loro, un tecnico.
   
2011-09-13 16:02:19aria troppo fina in risposta a questo messaggio
quella di la cassa deve essere aria sottile, che inebria, che alleggerisce a tal punto le menti da consentir loro di svolazzare per le celesti imperscrutabili vie...oppure ci sono campi, colà, in cui vengono coltivate erbe la cui fragranza si tramuta, ove essiccate, in volute di fumo di gradevole gusto; o tempora, o mores! 
siete simpatici, divertenti e ironici: ma siete sobrii?
...quasi quasi tralsoco! evviva la leggerezza!!!  
2011-08-31 08:53:35l'anticoin risposta a questo messaggio
magnifico intervento, quello di biagio!
talmente antico da essere di una modernità che forse è difficile da comprendere, ma che ci richiede, ci impone, di provarci.
peccato non essere giovani, oggi.
peccato non avere più il termpo e forse la struttura mentale per provare ad invertire le tendenze.
è un peccato voltarsi indietro e vedere più cammino di quanto ce ne resta da fare, e girarsi intorno e vedere...be', quel che vediamo! e poi come non pensare che tutto questo, tutte queste solitudini, queste distrazioni edonistiche, queste illusioni di benessere, queste tempeste perfette dell'economia che ci proccupano senza che sappiamo esattamente perchè, sono causa nostra?
ha ragione biagio: in passato c'erano meno cose e più valori.
oddio: i vecchi parlano così.......
e perchè, i vecchi non hanno diritto di parola?
difficile tornare indietro, ma è impossibile non fermare una strana sensazione che sta in bilico tra la malinconia e la nostalgia.
e poi, come dicono a genova: il mugugno è libero!...almeno quello...

saluti a tutti dall'intruso druentino.    
2011-05-04 11:08:52balleiniziata la discussione
Per una volta sono contento di non essere d'accordo con Italo!
Non ho mai avuto fiducia nel "nuovo" Presidente degli USA. Venivo guardato con il sospetto e la commiserazione con cui si trattano gli anziani un po' rimbambiti, i vetero comunisti e gli oscurantisti, quando manifestavo scetticismo di fronte alle aperture del nuovo inquilino della Casa Bianca. Aspettiamo un attimo - dicevo di fronte agli entusiasmi planetari - vediamo prima cosa combina...le aperture, la riforma sanitaria, diamo un po' di tempo! timeo danaos ...: già, io ho sempre visto gli americani come un popolo facilmente malleabile a prescindere da chi li comanda, e con l'unico obiettivo di star bene alll'interno dei propri confini estendendoli a dismisura. Tutti i popoli del mondo sono egoisti, ma soltanto loro hanno il potere economico e militare di far pagare ad altri il loro benessere interno. E non importa chi ci sia a capo, voglio dire non c'è una gran differenza tra l'ubriacone Bush e il fantoccio sessuomane Clinton, per non risalire al minus habens Reagan: perchè avrebbe dovuto cambiare qualcosa con Obama? Solo perchè ha la pelle scura? O perchè gli è stato regalato affrettatamente e con azzardo spericolato il premio Nobel per la pace? E' razzismo al contrario.
No, caro Italo, io non avevo fiducia!
E mi dispiace di aver avuto ragione. 
Ma non mi sottraggo al sondaggio di opinioni suggerito da Italo: secondo me la notizia può non essere falsa, l'unica certezza è che costituisce un terreno di manipolazione fertilissimo. In questo senso. Se è vero che un aereo può colpire un singolo uomo da 6000 m. di altezza lasciando illeso il figlioletto che tiene per mano (fonte ministro La Russa...), non si capisce come mai non si è trovato prima questo pericolo pubblico mondiale con una tecnologia così sofisticata. E se è vero che si trovava in Pakistan, perchè gli USA non hanno attaccato quel paese? Non credo per motivi umanitari! e se è vero che lo hanno catturato, perchè lo hanno ucciso subito e non ridicolizzato come hanno fatto con Saddam guardandogli i denti come a una capra? Eppure i soldati americani sono abili a mortificare i nemici gratuitamente come hanno fatto nel carcere di Abu Ghraib. 
Per cui ecco come la penso: si è trattato di una vendetta, non di giustizia, con qualche aspetto poco chiaro, e con ripercussioni utili per un popolo di gente tutto sommato ignorante a cui fa piacere pascersi con la morte dei "cattivi".
Noi, nonostante tutto, ma proprio tutto, siamo diversi. 
Uccidere è sempre una sconfitta per l'umanità, non per chi muore.

       
2011-04-27 10:04:07la guerrainiziata la discussione
quando parlo con mio padre così come quando ascolto i racconti di qualche anziano, credo di sentire che mi manchi qualcosa. questo qualcosa è la tangibilità della sofferenza che solo chi ha vissuto una guerra può avere. è un "privilegio", naturalmente, di cui faccio volentieri a meno, tuttavia è una debolezza esperienziale che mi pone in posizione di grande rispetto per gli anziani.
oggi, constatando ciò che accade mentre noi tutti continuiamo a fare la nostra vita, mi accorgo che questa percezione di inferiorità è puramente illusoria.
oggi, infatti, e ancora una volta, la guerra accarezza le nostre esistenze lasciandole completamente indifferenti. è la nuova dimensione della guerra, quella che non hanno vissuto i nostri vecchi che hanno visto i fuochi artificiali delle bombe su torino, quella della cui gravità nemmeno noi ci rendiamo conto andando a lavorare, continuando a giocare a tennis e pensando in quale ristorante sia "carino" andare il sabato sera.
è una dimensione subdola e ancora più assassina di quella d'antan che smembrava i corpi delle nostre genti, una forma strisciante di indifferenza verso ciò che accade lontano da noi che non ci fa onore e certamente non ci promette di avere giovani che ascolteranno, tra molti anni, le nostre mancate azioni.
eppure ci abbiamo provato!
sabato 12 aprile 2003: con le scuole di druento avevamo già da tempo organizzato una marcia della pace per protestare contro la minacciata invasione dell'iraq da parte delle forze alleate. io accoglievo i ragazzi davanti alla biblioteca con questa frase: siete arrivati in ritardo? era una domanda retorica e alla fine del discorso (che vi risparmio) la risposta era no! purtroppo l'attacco all'iraq era partito il 20 marzo...
in quello stesso periodo con mia moglie e un gruppo di amici avevo raccolto numerose firme a nome di emergency per ricordare a tutta la comunità i disposti dell'art. 11 della nostra costituzione: lodevole iniziativa, quanto inutile! poco dopo - credo nel 2005 - vi fu la partecipazione dell'italia alle operazioni in kossovo, una cosa gravissima a mio parere anche se fatta da un governo di "sinistra". 
due anni fa il mio comune - druento - ha aderito alla marcia mondiale per la pace partita il 2 ottobre 2009 dalla nuova zelanda e portatrice per tutti i continenti di un messaggio di speranza. grandi procalmi, grandi discorsi dei politici di tutto il mondo, dai più alti ai più bassi livelli e poi...bombe, altre bombe in israele, in palestina, adesso in libia, bombe scagliate da un premio nobel per la pace, bombe come unico argomento di persuasione, bombe che aumentano il pil e scaraventano l'umanità in un punto davvero basso della sua storia. non abbiamo il diritto, con tutta la cultura, l'esperienza e la tecnologia di cui disponiamo, di ricorrere alle bombe per abbattere i tiranni. non ricordo più chi disse (forse erasmo da rotterdam): non è difficile abbattere un tiranno, difficile è convincerlo. noi abbattiamo anche con la nostra indifferenza verso quello che accade in luoghi abbastanza lontani perchè il rumore non giunga direttamente alle nostre orecchie. 
eppure, ripeto, forse troppo timidamente, ci abbiamo provato.
condivido il grido di laura e il mesto lamento di italo, e lancio a mia volta un'accusa a tutti quegli ipocriti che, avendo alte responsabilità politiche, non sanno che lanciare bombe, sovente dopo averne proclamata l'inutilità.
allora due sono le soluzioni: 1) quella di laura del non votare;
2) quella di chiedere a tutti quelli del parlamento italiano che strillano contro la maggioranza dispotica, di andarsene. non sull'aventino, andarsene proprio e tornare alle proprie occupazioni (chi ce l'ha), svuotando l'aula e costringendo il presidente napolitano ad indire nuove elezioni. visto cosa serve stare in un parlamento di venduti dove passa di tutto, tanto vale svuotarlo, delegittimarlo per davvero. 
ma io sono quasi certo che in caso di voto parlamentare sulla partecipazione dell'italia alla guerra in libia molti sarebbero i voti a favore, e nache trasversali. 
solo a scriverla questa frase: la guerra in libia, fa venire i brividi! ci siamo di nuovo, viene da dire, era il 1911 quando persino mussolini era contrario, come oggi la lega...
la storia - per dirla con manzoni - insegna che la storia non insegna niente!

facciamozi forza.














 
2010-11-26 08:55:14è veroin risposta a questo messaggio
mi trovo d'accordo con alcune delle considerazioni di fablam, specialmente quando parla di milano e del giudizio, eccessivamente tranchant, che grillo dà delle primarie che vi si sono svolte. concordo anche sul fatto che quella di grillo non debba diventare una liturgia del massacro dell'esistente, pericolo nel quale, invece, ahimé sempre più spesso, il movimento cade. non sapevo di rivoli, ma se è così mi associo alla stigmatizzazione, a prescindere da motivazioni e finalità.
è pur vero, tuttavia, che in un panorama di nequizie politiche e totale disorientamento per i cittadini, il movimento  a 5* è l'unica realtà di questi ultimi anni ad avere detto qualcosa di diverso e - per citare il cinema - ad aver detto qualcosa di sinistra! 
purtroppo non credo che avrà un gran futuro, sottolineo il purtroppo, e non credo nemmeno che la sua eventuale crescita su base percentuale a livello nazionale (cosa che auspico, naturalmente) potrà incidere in qualche misura decisiva contro il leviatano che sta schiacciando l'italia, ma sono assolutamente convinto che sia esso stesso il futuro. le idee di cui è latore sono giovani, sono in proiezione, devono solo trovare, probabilmente, altri veicoli (meno tribuni di grillo) ed uno schermo adeguato sul quale venire proiettate affinché tutti le possano valutare, cioè una società diversa. 
ecco perchè dico che il movimento non ha futuro: perchè noi (i 50enni che hanno il peso della responsabilità di aver permesso lo scempio in cui siamo), non lo vedremo. dopo di noi, quando anche le logiche politiche riusciranno a fare un salto qualitativo che oggi non è immaginabile con questa classe dirigente (quasi tutta, e nel quasi mi differenzio da grillo), sicuramente qualcosa cambierà. ma a quel punto, almeno per noi che non ci saremo più, ha senso parlare di futuro?
allegria!
fabri.    
2010-11-11 09:10:42alla lungain risposta a questo messaggio
mi piacerebbe aggiungere una "a" alle tue tre "L", e trasformare il tuo acronimo in una affermazione: laura, "a"lla lunga, ... la vince!
mah...resto perplesso!
parlare di cultura, parlare di "fermarsi", parlare di "pensare": ma dove vivi?
certo non in questo leviatano moderno che è la società civile, certo sei fuori dagli schemi dinamici dei costruttori della nostra società, quelli che si rimboccano le maniche e quelli che, troppo tardi, alzano il dito indice. 
ma dove vivi, heidi? nei boschi? tra quegli alberi che disturbano l'arredo urbano, e vanno abbattuti in nome della "riqualificazione urbanistica"? vivi pensando che si possa stare seduti con nulla in mano, ma come...nemmeno un telecomando?
ma che persona sei se ammetti di essere turbata dalle minacce del cemento e dagli attentati alla natura e ai timpani di una cava, e non travolta dalle insoddisfazioni solenni che la pubblicità ingenera in ognuno di noi per costringerci a comprare e a contribuire al rilancio del pil? 
sei un'irresponsabile!
sei una sognatrice!
ma sei anche consigliere comunale.
chissà se, anche qui, tardivamente, una volta tanto la fantasia possa andare al potere...
spero proprio che tu, la lunga, alla lunga, la vinca.   
 

 

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