santificare le feste

italo losero

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Ancora all'Arìs, quattro passi sulle orme di sentieri conosciuti; quattro passi per tornare a sperare altri mondi che si manifestino per riuscire a credere che qualcosa di reale esiste ancora.
Queste foto parlano di mondi magici; di magie nel senso primo di realtà diverse dal visibile; da mag, uno stato particolare dell'uomo, in cui si manifestano stati particolari dell'essere.
Tutta la passeggiata è allegorica, quasi un oltremondo dantesco a quattro passi dalla città.

Ci si arriva dopo una salita; già questa è simbolo dell'iniziazione, del percorso che l'umano deve fare per arrivarci; non soldi, non potere, non scorciatoie: fatica fisica, come montagna insegna, necessaria per percorrere i sentieri dei mondi vicini.



Già solo il cielo, azzurro, terso, chiaro, e la via ben segnata, ed i cartelli che dicono: 'di qua', oppure 'di là' sono il ricordo di ciò che ora ci lasciamo alle spalle per entrare nelle trame fitte di questa storia. Al fondo, la valle, le case, la vita (giù, li vedete, i giardini della Reggia; più ancora Superga, la intuite); prima di immergermi nelle spirali dell'anima, raccolgo due descrizioni liriche delle mie sensazioni:


Da qui messere si domina la valle...
ciò che si vede, è.
Ma se l'imago è scarna al vostro occhio
scendiamo a rimirarla da più in basso
e planeremo in un galoppo alato
entro il cratere ove gorgoglia il tempo.


Banco del Mutuo Soccorso, 1972, Requiescant in pacem, quello che oggi chiamiamo rock progressivo e che allora si chiamava semplicemente 'musica', e che ha fatto grande l'Italia nel mondo. Parole che scandagliano il reale: ciò che si vede, è. Un verbo, una lettera accentata, racchiudono in un corpo minimo la potenza creatrice del Verbo. Ma se ciò che vedi è scarno, non basta, per il tuo occhio, allora scendiamo a rimirarla da più in basso, galoppiamo nelle regioni profonde dell'anima per planare nel cratere ove gorgoglia il tempo. Magnifico.

L'altra lirica che mi viene in mente arriva dall'unico (sì l'unico, purtroppo per me) album di De Andrè che m'affabula il cuore:

l'angelo scese, come ogni sera,
ad insegnarmi una nuova preghiera:
poi, d'improvviso, mi sciolse le mani
e le mie braccia divennero ali,
quando mi chiese - Conosci l'estate
io, per un giorno, per un momento,
corsi a vedere il colore del vento.

Volammo davvero sopra le case,
oltre i cancelli, gli orti, le strade,
poi scivolammo tra valli fiorite
dove all'ulivo si abbraccia la vite.

Anche qui un preludio magnifico a ciò che avverrà dopo; non posso che inchinarmi di fronte alla grandezza incredibile dell'Uomo che si piega ai misteri del dio tra noi.



Voltate le spalle al cielo, mi dirigo verso l'Aris, verso questo luogo magico dove gorgoglia il tempo.
In questi strani primi calori di febbraio la natura presenta un aspetto spettrale; mi ricorda che l'equinozio è ancora lontano, siamo ancora nelle profondità del mare celeste; in questo periodo le stelle dell'acquario, dei pesci, ci ricordano che siamo nella notte profonda, nella sensibilità femminile della luna, ancora lontani dall'abbagliante sole dell'Ariete, dell'equinozio. Il seme è ancora nella terra, già vita, non ancora individuo; non siamo ancora emersi alla luce, procediamo in questo viaggio negl'inferi ben consci che la differenza tra l'infero e il supero, tra il bene è il male, non è che un peccato della nostra specie che ha osato mangiare di quell'albero della conoscenza del bene e del male.


Ad un certo punto è netta la sensazione di trapasso, quasi fosse una piccola morte; di qui la luce, di là l'ombra, il buio; procedo seguendo fiducioso il passo tra gli alberi che mi si presenta davanti.



Sono gli amenti, i piccoli segni dei noccioli, pioggia di luce che incute fiducia; non più marroni come d'inverno ora sono verdi, primi testimoni della stagione che avanza, della luce che vince sulle tenebre; i miei occhi ne fanno indigestione tra questi inebrianti controluce.



Arrivo all'Aris; sento distintamente l'acqua gorgogliare sotto i miei piedi, sulla pietraia che ne nasconde i flutti; querce spettrali accompagnano i miei passi in questi luoghi  petrosi e magici, dal carattere terreno, solido, marrone.



Proseguo ancora fino ad uscire dal bosco ed incontrare di nuovo lo spazio, la luce, il volo, gli orti e le case; un'altra volta un bagno nelle fredde acque del reale mi tempra l'anima e mi riconsegna purificato alla quotidiana vita.



Meno male che c'è la domenica che ci dà il tempo per questi bagni catartici; trova un un senso il comandamento: santifica le feste.


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