La poesia del vento

Federico Fauro

(scritta per la serata a tema 'corpi in movimento' del 20 gennaio 2011 alla Burnia di Drubiaglio)


Mi trovavo

in quel momento

in una prateria.

 

Contemplavo attentamente

gli alberi intorno a me,

nella leggera e debole

foschia del mattino.

 

Era l'alba,

un'espolsione di caldi colori.

Stava sorgendo ora il sole;

proprio allora gli alberi frusciarono,

era il vento.

 

Mi sollevò dolcemente i capelli,

mosse l'erba intorno a me,

essa si liberò della rugiada scintillante

che la ricopriva.

 

Il vento tornò ancora,

mi voleva parlare.

Cominciò a raccontarmi di paesi lontani,

inesplorati e fantastici.

 

Cantò canzoni stupende

e poesie celestiali.

Io mi rilassai e dimenticai ogni preoccupazione.

 

Il vento si fece più deciso e forte,

il mio cuore alleggerito sembrava essere già in aria.

 

Persi quasi la coscienza e a un certo punto

mi risvegliai fra le nuvole soffici.

Un uccello mi sfiorò la guancia.

 

Volai con il vento nella mano,

per un tempo che non so descrivere.

Sotto di me vedevo i paesaggi

descritti dal vento nelle su accattivanti storie.

 

Poi riatterrai disteso sulla prateria dove,

prima, spiccai il volo.

Il vento divenne caldo come il camino di casa

e mi cantò una ninna nanna

e socchiusi gli occhi.

 

Li riaprii.

 

Ero nel letto di casa mia.

Laura LaLunga 9 febbraio 2011, 21:58
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 Bravo Federico, 
la freschezza delle tue parole rievoca effettivamente la brezza, il vento. 
Una capacità che va coltivata..!

Mati10 febbraio 2011, 09:31
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Bravo Federico, un po' di leggerezza! Ne abbiamo così bisogno.

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