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Revisionismo in salsa lacassese
Il Consigliere Giovanni Nepote
REVISIONISMO IN SALSA LACASSESE
Cito da Wikipedia:
“L'apologia del fascismo è un reato previsto dalla legge 20 giugno 1952, n. 645 (contenente "Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione"), anche detta "legge Scelba", che all'art. 4 sancisce il reato commesso da chiunque «fa propaganda per la costituzione di un'associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità» di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure da chiunque «pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche».
La "riorganizzazione del disciolto partito fascista", già oggetto della XII disposizione transitoria della Costituzione, si intende (ai sensi dell'art. 1 della citata legge) riconosciuta «quando un'associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista».”
Ho letto la lettera pubblicata sul nr. 3 del periodico comunale La Cassa Voci e Notizie a pag. 28, a firma di un nostro concittadino che riveste la carica di Presidente della Federazione Provinciale di Torino Combattenti della RSI. Conosco il concittadino, che è stato anche mio collega di lavoro (anche se in azienda diversa) ed è persona cortese, ma della sua lettera non condivido praticamente nulla. La trovo piena di retorica, imprecisa sul piano dei contenuti, della accuratezza storica e anche nel metodo.
Mi spiego meglio.
Intanto va premesso che ci si muove nel campo della libera espressione del pensiero, che è un diritto costituzionalmente garantito, ma che come spesso accade con la nostra Carta Fondamentale tale diritto incontra dei limiti nella legge. Infatti è pacifico che nessuno possa esaltare a mezzo stampa o altri mezzi organizzazioni terroristiche come Al Quaeda, o le Brigate Rosse, o Ordine Nuovo, e se ciò accadesse sicuramente sarebbe fonte di grandi discussioni e di provvedimenti giudiziari. Così la legge non ammette l'esaltazione del regime fascista come in questo caso. Può piacere o meno, ma finchè esiste la legge Scelba, l'apologia del fascismo è reato. La legge 645/52 fa rientrare chiaramente nel reato di apologia del fascismo “l'esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri...” del partito fascista di cui Salò fu espressione nella sua forma repubblicana o la denigrazione della“...democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza...”. Per questo secondo me la Direzione, la redazione e l'editore stesso del periodico (cioè l'Amministrazione Comunale) nel garantire la libertà di espressione di tutti avrebbero dovuto seriamente interrogarsi su questo aspetto che avendo natura penale non è sicuramente secondario, in special modo per un giornale di un'amministrazione pubblica pagato con soldi dei cittadini.
Ma siccome proprio la possibilità di libera espressione del pensiero in contrapposizione ad anni di censura e prudenziale autocensura è uno dei caratteri distintivi della nostra democrazia figlia della Resistenza rispetto alla Repubblica di Salò ed al regime fascista, non ho paura di confrontarmi nel merito di quanto affermato dall'estensore della lettera, ed evidenzio questi tre punti:
- 1. L'autore condivide -anche se per motivi diametralmente opposti- l'ordine del giorno approvato dal nostro Consiglio Comunale su richiesta del Consiglio Regionale ad oggetto “no all'equiparazione tra combattenti per la libertà e appartenenti alle Forze Armate della Repubblica Sociale”. Riconosce cioè piena legittimità ad un atto approvato da molti altri Consigli Comunali, dal Consiglio Provinciale e dal Consiglio Regionale, ma che nel Consiglio Comunale del nostro paese il nostro Gruppo La Cassa un Paese per Tutti si è trovato a votare in piena solitudine, visto l'abbandono dell'aula da parte degli Indipendenti Democratici allora all'opposizione, cosa peraltro già accaduta qualche anno prima per un odg dal contenuto simile. La cosa non è da poco: negli anni passati ed ancora nelle scorse settimane abbiamo spesso sentito autorevoli amministratori espressi dagli Indipendenti Democratici affermare che il loro gruppo non farebbe politica ma si limiterebbe ad amministrare, in quanto lista civica e non politica, fondando su questo il rifiuto ad investire il nostro Consiglio Comunale di materie tranquillamente trattate in tutti i Consigli Comunali d'Italia. Al di là dell'aspetto come dire... selettivo dell'argomentazione, che è stata usata solo per determinati argomenti (guarda caso invisi alla destra politica), la questione indica una scarsissima conoscenza sia del significato della parola politica –volutamente confusa con la parola “partitica”- che della stessa funzione dell'amministrare: una cosa preoccupante per degli amministratori... Per la cronaca, il disegno di legge sull'Ordine del Tricolore è stato ritirato in Parlamento dagli stessi proponenti di centrodestra dopo sollecitazioni in tal senso del Presidente del Consiglio, e questo io lo vedo come un segno della giustezza e dell'opportunità dell'ordine del giorno approvato dal nostro e da tanti altri Consigli Comunali, Provinciali e Regionali.
- 2. Il passaggio della lettera che francamente trovo inquietante recita: “...Dicono che la storia la scrive il vincitore ebbene dopo 65 anni dalla fine della guerra è ora di riscriverla perché il tempo delle menzogne è finito”, con il successivo invito a riscrivere i testi scolastici e a divulgare la storia evidentemente gradita ai reduci della RSI. La mia opinione è che quando la storia è stata riscritta ciò è avvenuto sempre ad opera di regimi totalitari. Nei regimi democratici la storia è una scienza che in quanto tale ha bisogno di essere studiata sui documenti e sui riscontri oggettivi e –se necessario- cambiata e reinterpretata senza preconcetti in base a nuovi documenti e a nuovi riscontri oggettivi, e non con la retorica. Non sono uno storico, ma è evidente che l'analisi di un periodo storico deve essere globale e non può fermarsi a questo o a quell'episodio. A Cuneo è successo il fatto ricordato dall'estensore della lettera? Sarà sicuramente così (verificherò, ovviamente). Gli anni dal 1943 al 1945 sono stati anni di guerra fratricida. Senza andare tanto lontano da casa nostra, basti pensare all'eccidio dei 66 martiri di Grugliasco (che in realtà anni dopo si scoprì furono 68), accaduto il 30 aprile 1945 a guerra conclusa e dove entrambe le parti sbagliarono. Oppure –sempre senza andare tanto lontano- si pensi all'eccidio del Cippo a Givoletto, dove una staffetta partigiana, Luciano Domenico di 11 anni, fu ucciso mentre sventolava la bandiera bianca della resa ed i suoi compagni trucidati proprio da quei combattenti che onestamente non me la sento di definire “dell'onore”. La verità è che la storia va studiata senza la pretesa di partire dalle conclusioni. Senza sottacere che la RSI fu un governo collaborazionista della forza occupante tedesca che l'aveva creato, che il governo legittimo nel nord era rappresentato dal CLN Alta Italia (quello fucilato al Martinetto, per intenderci), che mentre i militi RSI cercavano “la bella morte” per senso dell'onore, il loro capo fino all'ultimo cercava la pace separata con gli inglesi, o che il loro governo è stato catturato mentre fuggiva con molto poco onore verso la Svizzera con tanto di amichette al seguito e portandosi il tesoro della Banca d'Italia. La storia ha già scritto chi stava dalla parte giusta. Non è questione di vinti o vincitori. Chi si è reso partecipe di tanti eccidi, chi ha praticato la tortura, chi si è macchiato con il sangue di tante vittime civili, chi ha mandato nei lager in terra straniera chi si rifiutava di collaborare o aveva un diversa fede non stava dalla parte giusta, e non basta riscrivere i libri di storia per cancellare quelle pagine così poco gloriose.
- 3. Infine un riferimento al partigiano Ferruccio, che stando allo scritto del rappresentante dei reduci di Salò si sarebbe rifiutato di partecipare ad un confronto pubblico a Druento con un ex-milite della RSI. Non trovo poi così strano che un ex-combattente anche ad anni di distanza non abbia voglia di incontrarsi con un altro ex-combattente che stava dall'altra parte. Noi apparteniamo ad altre generazioni: non abbiamo sentito fischiare le pallottole sopra le nostre teste, non le abbiamo sentite conficcarsi nella carne dei nostri compagni, non abbiamo sentito le loro urla di dolore, non abbiamo dovuto seppellire i loro corpi. Noi per fortuna non abbiamo vissuto la tragedia della guerra, e questo lo dobbiamo a 65 anni di democrazia. Comprendo che chi ha vissuto questi orrori non abbia voglia di parlarne, soprattutto con uno che stava dall'altra parte. Forse sarebbe stato più opportuno che si confrontassero due studiosi, in un ambiente non di parte, e che discutessero di tanti documenti, non solo di questo o di quello secondo la convenienza di parte.
30/12/2009
Giovanni Nepote
Consigliere Comunale
Iscritto ANPI
Ex-Sindaco di La Cassa
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