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Foto di lalo_pangue da Flickr.
Dicembre è un vortice.
Di questi periodi comincia il dolce sentore natilizio e si viene presi dallo spirito di pace e di allegra dolcezza; accanto a queste sensazioni ci sono quelle di alcune anime sensibili che vengono profondamente segnate dal periodo che vorrebbero invece evitare, annullare, rimuovere. Queste anime portano in sè tracce di qualcosa di più oscuro e terribile che da sempre alberga nello spirito umano: dicembre è un vortice e a cercarne il fondo il cuore si spaura.
Quest'ultima liturgia non è lettura piana e semplice ed è tutt'altro che natalizia nel senso comune del termine; è invece un viaggio difficile e contrastato dell'anima curiosa tra i miti del periodo dove trova qualcosa di inaspettato e potente.
Si può passare tutta la bella stagione a crogiolarsi al caldo; dalle prime nebbe d'ottobre ai freddi di novembre si viene sempre più attirati dal buio e dai giorni corti verso quel buco nero che è il solstizio d'inverno, il giorno più corto dell'anno. E' facile trattarlo come una data qualsiasi, come se fosse già banale la rinascita della luce; molto più complesso lasciarsi permeare dalla paura ancestrale del buio che avanza e inghiotte la vita. Paragonando l'anno siderale, quello dei dodici mesi, con quella specie di "grande anno" che è la nostra vita forse diventa più chiara l'angoscia che attanaglia il cuore dell'Uomo che va verso la morte del sole, cioè del sè, verso il buio della fine della vita, verso quei territori di cui nulla sappiamo.
L'esperienza ci porta la certezza della rinascita della luce nell'anno solare, non di quella del sè nel grande anno della vita; per quella ci vuole una fede. Ed è proprio in questo periodo che le religioni, e la cattolica in particolare, pongono l'evento luminoso che porta tra gli uomini la speranza della vittoria della luce sul buio.
Nei tre giorni dopo il solstizio sembra che il sole cambi il suo moto nel cielo, non scende più e non risale, il sole sta, origine etimologica del termine; dopo tre giorni col fiato sospeso l'occhio può chiaramente percepirne il moto di ri-nascita ed è per questo che le feste del solstizio cadono il 25 di dicembre.
Il buio è così profondo che necessita di un evento-chiave, qualcosa che illumini il futuro; proprio nel periodo del solstizio d'inverno, quasi tutti i popoli hanno celebrato la nascita dei loro dei. In Egitto la nascita di Horo e di Osiride; in Messico il dio Quetzacoath e l'atzeco Huitzilopochtli; nello Yucatan il dio Bacab; in Grecia Bacco, Ercole e Adone; tra le genti del Nord Europa il dio Freyr figlio di Odino; e lo stesso per Zaratustra, Buddha, Krishna, Scing-Shin, Mithra e Tammuz.
Per il calendario romano, prima della riforma di Numa Pompilio, dicembre era il decimo mese sell'anno di 304 giorni perchè dopo dicembre si prolungava una notte della durata di due mesi, in attesa del 'risveglio' della stagione; ben due mesi di buio, di stasi della vita.
Il sole è per noi l'unica vera fonte di vita; non esisteremmo senza la nostranza cara stella. Passiamo tuttavia abbastanza nel silenzio questo magico momento solstiziale dicembrino; nè ci poniamo domande sul motivo per il quale continui a darci la vita, gratis, anno dopo anno, semplicemente perchè abbiamo esperienza che ciò si ripete da sempre e lo diamo come fatto acquisito senza cercarne ragioni.
Girovagando tra i miti e le usanze del periodo natalizio si può riflettere su alcuni elementi comuni: tra questi il dono, e con esso il concetto di gratuità, e la fortuna.
Messi così insieme (dono, gratuità, fortuna) sono calibri da novanta che cadono nelle nostre vite e che ci portano a ragionare su ciò che non dipende da noi ma arriva gratuitamente dall'esterno, proprio come fa la cara stella. Così nelle cerimonie druidiche dovremmo ringraziare il sole che per noi rinasce, nella religione cattolica dobbiamo essere grati a chi nascendo nel solstizio ci ha dato la vita per l'eternità o, ancora e più prosaicamente possiamo ringraziare la sorte: chi può non essere grato al destino quando la fortuna porta i suoi doni? (guarda caso, la fortuna la chiamiamo anche la buona stella).
Cercare il legame tra il gratis e il solstizio può divertire e appassionare le menti curiose. La testimonianza comune che normalmente ci viene proposta di tanta leggera beatitudine, come già abbiamo sperimentato nel leggere i mesi dell'anno, dovrebbe comportare per il principio di polarità anche qualcosa di corrispondentemente negativo; se sporgiamo la testa sull'abisso del Tempo l'angoscia attanaglia la gola.
Dicembre è un vortice; e se è vero che questo mondo è polare al periodo che corrisponde al massimo della speranza deve corrispondere anche quell'angoscia ancestrale di cui alcune anime si fanno testimoni.
Proprio in questo periodo astrologicamente si entra nel segno del Capricorno, che è domicilio base proprio di Saturno, esaltazione di Marte (aggressività), esilio della Luna e di Venere; nell'analogia agraria il piccolo seme deve combattere il freddo con tutta la forza e la razionalità che ha a disposizione relegando in secondo piano la dolcezza e la bellezza: una simbologia dura, forte, riportata nel 'testone' capricorno, mezzo capro e mezzo pesce, un po' terra e un po' acqua, simbolo di quella polarità che porta dalla terra di novembre al mare celeste successivo: le costellazioni dell'acquario, pesci, idra, il delfino, eridano, e la nave Argo che porteranno l'anima nel buio dei mondi sottomarini per riemergere poi nella primavera.
E' un periodo di freddo e di paura, di notti lunghe e di buio; l'esilio di Venere, il simbolo della bellezza, fa pensare con quanto struggente desiderio si può aspettare che al mattino appaia nel cielo come prima stella; per chi ancora legge i salmi, è la notte in cui la sentinella che ha vegliato alza gli occhi al Signore e prega di vedere la stella del mattino, segno del giorno, segno della vita.
Tra i miti più antichi del periodo ricordiamo i saturnali romani, a loro volta basati su credenze precedenti; erano feste che si svolgevano tra il 17 e il 23 dicembre informate dal culto di Saturno, la cui statua veniva 'slegata' dal piccolo panno che la teneva ancorata per simboleggiare la libertà nei comportamenti del periodo, per poi legarla nuovamente dopo i saturnali. Durante la festa infatti veniva eletto anche il Saturnalicius princeps, il re burlone, in un periodo di festeggiamenti esagerati; forse l'usanza della festa di capodanno risente ancora oggi di questi influssi. La Chiesa ha trasformato questo periodo con la liturgia dell'Avvento, che consta di quattro domeniche, simboli dei 4.000 anni mitici di attesa del Messia dopo la caduta originale.
Slegare Saturno, il dio fin troppo rigido, serio, misuratore e regolatore del cosmo, significa abbandonarsi al caos; infatti oltre alle feste orgiastiche ci si scambiava di ruolo tra schiavi e padroni e si praticava il gioco d'azzardo vietato in altri periodi: ecco la fortuna. Il caos rappresenta il mondo che va a rotoli, la fine della luce, la perdita della misura; proprio in questo periodo si lascia libera la fortuna, cioè l'evento gratuito che può cambiare il mondo; fortuna che nel gioco è da intendersi in modo completamente diverso dal termine odierno che la accomuna a caso di tipo fortunato, quanto piuttosto l'aderire all'ordine del cosmo lasciandosi andare agli eventi.
La fortuna del giocatore non è legata al capriccio della sorte ma è piuttosto l'espressione del volere degli dei: in questo senso troviamo il collegamento con le tante -manzie (arti divinatorie, fra tutte diventa immediato il collegamento con quel concentrato sapienziale che è il libro dei mutamenti cinese, l'I-Ching) e con il concetto che vede il gioco da tavola come il più antico oracolo di culto nel quale le pedine si muovono secondo il volere degli dei attraverso i dadi imitando una struttura cosmologica; più avanti nel tempo verrà ripetuto il concetto con il gioco dell'oca di cui s'è parlato nella scorsa liturgia.
In questi termini riusciamo a collocare bene e dare senso al gioco della tombola che tradizionalmente si svolge in questo periodo, sbiadito ricordo inconsapevole del gioco-oracolo dei tempi antichi, gioco nel quale la fortuna, la sorte, il caso, la nostra buona stella, dovrebbero guidarci nella vita come i sapienti magi sono stati guidati da una stella.
Il senso dei Saturnalia è profondissimo e va a toccare i misteri dell'alchimia del tempo (per chi voglia approfondirli si può cercare qualcosa riguardo all'età del ferro, alla croce di Hendaye, a Fulcanelli); all'epoca di Virgilio, si sono trasformati in una religione misterica, come precisa Macrobio nell'opera Saturnalia: "II diritto divino non mi permette di rivelare nozioni connesse alla segreta essenza della divinità: posso esporre soltanto la versione mista ad elementi mitici o divulgata dai fisici. Quanto alle origini occulte... non si possono illustrare nemmeno durante le cerimonie sacre; anzi, qualora si giunga a conoscerle, è obbligo tenerle ben nascoste dentro di sé".
Sono cerimonie oggi dimenticate il cui senso forse in qualche modo è sopravvissuto perchè basato su qualcosa di stabile e inscritto nell'uomo. Per approfondire il tema e procedere d'una spirale nel vortice si può ricordare che in epoca medioevale era usanza eleggere il 6 dicembre tra i seminaristi un vescovello e i suoi cappellani che il 28 sarebbero stati protagonisti di una cerimonia parodistica, l'episcopum puerorum, che si svolgeva all'interno di una chiesa dove il vescovello indossava panni vescovili, impartiva benedizioni e veniva preso in giro e canzonato dai compagni in abito da mascherata cantando canzoni oscene, saltando e ballando in chiesa, inserendo cuoio nel turibolo per ammorbare l'aria; cerimonie non distanti dalle 'feste dei folli' in cui 'Durante la Messa, l'Introito, il Kyrie, il Gloria e il Credo terminavano tutti con un raglio e invece dell' "ite missa est", il celebrante doveva ragliare per tre volte ( "ter hinhannabit" ), al che i fedeli rispondevano ragliando!' (Note di Philip Phicket sulla festa dell'Asinara).
Il Concilio Vaticano II ha trasformato il ' giuramento antimodernista' nel 'Credo' pronunciato durante la Messa che obbliga le persone che lo recitano senza ipocrisie a schierarsi da uno dei lati della contesa, quello che vuole l'interpretazione ufficiale cattolica come unica definizione della 'vera religione' e la Chiesa come unico interprete della Verità.
Dicembre è un vortice: se i pensieri cominciano a girare, finiranno nell'abisso.
Forse la ripulsa che qualcuno sente per gli aspetti commerciali del Natale può essere inconsciamente generata da considerazioni di questo tipo, che mirano a mettere in luce la difficoltà nel seguire quanto ci viene proposto da secoli; altrettanto la gioia innata che altri sentono, anche la di là degli aspetti religiosi, può derivare dagli effetti ancestrali del dono e della gratuità che in questo mese sono palesati dalla rinascita della luce e mimati dallo scambio di regali che sono l'antico reciproco ricordarsi della gratuità della vita portata dalla 'cara stella'; sia che la poniate nel cielo che in una mangiatoia.
In accordo con tutte le religioni la liturgia del mese non può che essere il 'sintonizzarsi' con la buona novella e cercare il privilegio di saper piegare la testa di fronte al Sole che nasce e che ci regala il respiro; che sia quello di un istante, di un giorno, di una luna, di un anno, della vita intera o di quelle che seguiranno e che ci hanno preceduti in fondo non ha molta importanza; viviamo di presente, ora e sempre, non di passati, di futuri, o di pensieri filosofici.
Negli infiniti presenti che ci si propongono durante l'anno la nostra buona stella infonde senso e conoscenza alla natura che ci circonda; amarla, seguirla, cercarne la sapienza appena velata è quanto di più utile abbiamo su questo pianeta per essere felici; è la liturgia che possiamo recitare quotidianamente per glorificare il creato e cercare di toglierne la velatura così che guardandolo attentamente, a poco a poco si scopra ciò che è: uno specchio in cui ci si vede riflessi, finalmente dall'altra parte del vortice.
Voglio terminare quest'anno di liturgie con il primo scritto che le ha generate; scrivevo nel dicembre scorso parlando di simboli comuni tra le religioni nel riportare la gioia di questo momento:
"Ce n'è da essere felici; c'è da chiedersi se questa orgiastica simbologia consumistica delle feste natalizie non abbia qualcosa di buono rifulgendo di una origine sana, nobile.
Ce n'è da essere felici, perchè ci ricongiunge con i nostri passati e ci dà una mano per affrontare il futuro.
Ce n'è da essere felici, perchè ci rende simili, ci fa capire che siamo sulla stessa barca dove viviamo, e remiamo, insieme; aspettando nella notte la stella del mattino."
Auguri.