Il cancello è sempre aperto - Aida, classe 1925

Laura Martinotti
Presa dai suoi pensieri, un sorriso affiora sulle labbra di Evelina, e una gran dolcezza la pervade. Il ricordo va a quella deliziosa coppia che incontrò qualche tempo fa, Aida (o Adele...) e Tilio.
“Prenda una caffé, lei non lo fa tanto carico”, è Attilio a parlare, Tilio, e anche se è lei la protagonista, lui le fa da spalla, da sessant'anni, e se a lei non viene la battuta, è lui a finire la frase. Erano una coppia, ora è una creatura unica,si compensano in tutto, anche se è evidente che a “portare” è lei.
La casa nella quale vivono dal giorno del loro matrimonio ha un bel cancello bianco che è sempre aperto, aperto all'allegria. Dagli anziani ci si aspetta sempre rassegnazione e tristezza.
Aida ( o Adele, come pensava di chiamarsi fino a quindici anni, quando scoprì che per un errore di registrazione all'anagrafe avrebbe dovuto cambiare nome) ha ottantuno anni e racconta le barzellette, anche se Tilio la sgrida perché non sempre si mette la pasta dei denti e quando succede, non riesce a parlare speditamente come al solito. La prima cosa che si nota nella loro cucina è un'assenza, manca il televisore. C'è però in camera da letto, e da quanto si capisce, lo usano da sonnifero, e visti i programmi serali, non si stenta a crederlo. Non è una mancanza da poco, anzi, questo porta Tillio e Aida a vivere una sorta di vita fuori dal mondo, con i piedi ben piantati per terra, ma fuori dal mondo.
In effetti nella casa non vi sono tracce del mondo esterno, non ci sono quotidiani, né riviste e Aida spesso racconta gli episodi più divertenti della sua vita, quelli che mettono allegria e fanno sorridere. Come quando è andata a Torino per la visita medica della pensione e ha chiesto un sandwiss al barista. Lui, gentile, gli ha risposto che sandwiss non ne aveva, però poteva prepararle un ottimo panino al salame. Oppure quando a tredici anni era a servizio dalla sorella di Torino. La mandò a comprare la carne per il pranzo di Natale e lei, bimba di paese si sbagliò ed entrò dal calzolaio (il ciavatin). La cacciò dicendole che l'arrosto lui non lo vendeva.
Eppure tu, che la stai ascoltando, lo sai che in ottanta anni di vita ha sicuramente sofferto dei lutti e dei dispiaceri profondi. Come la perdita improvvisa del cognato per un infarto, o la straziante separazione dell'unica figlia. Sai che avrà passato sicuramente dei periodi di crisi, dei momenti di sconforto e di disperazione.
Ma è questa l'impresa più grande di Aida: ha spremuto i suoi ottanta anni, ha gettato i rimasugli e ha tenuto il succo, ciò di cui è valsa la pena vivere. Andare avanti con allegria, diventare un tutt'uno con Tilio. Ricordare insieme quando, sposini da poco, lo aspettava a casa al rientro dal lavoro, al buio e in silenzio per spaventarlo e poi ridere a crepapelle.
Ricordare il loro matrimonio con la pioggia a dirotto e il ricevimento in casa della mamma di Aida e le vacanze con la bimba a Laigueglia.
Evelina sorride ancora, pensa alla loro spensieratezza usata come antidoto alle brutture del mondo. Immagina le serate d'estate passate a cantare e a giocare a carte in piazza.
Riflette sui ricordi dei tempi in cui La Cassa era un paese vivace, dove tutti si conoscevano e si salutavano, dove ogni momento era buono per far festa e stare allegri, il ricordo di un paese solare e canterino, un paese con i cancelli aperti.

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