Tante donne - La Sig.ra Intessa, classe 1935
Laura Martinotti
foto di febs
Vicino al fiume, nella nebbiolina, si distinguono alcune piccole donne indaffarate. Mano a mano che Evelina si avvicina, nota che hanno pressoché la stessa corporatura e tutte lavorano in silenzio. Una trasporta la carriola, l'altra ha della biancheria da letto fra le mani. Un'altra ancora sta mungendo e quella più distante è indaffarata intorno ad un vecchio letto in ferro battuto.
Accorgendosi di essere osservata, la donna con la carriola, che ha vivaci occhi azzurri , si avvicina: “Benvenuta, venga che le faccio vedere la caldaia”.
Evelina la segue per la strada sterrata, affascinata e incuriosita da questa donna e dalla sua voce. La cascina compare dietro una curva, seminascosta dagli alti pini che la circondano. Strana visione, quella dei pini, in una terra dove crescono querce, pioppi, ceri o tigli. La cascina risale all'epoca dei Savoia, sembra fosse proprietà del Re d'Italia. Bella, grande, vecchia, mette un po' di soggezione.
La fochista delle caldaie per prima cosa accompagna Evelina a vedere la sua innovativa caldaia a mais. Ne è molto orgogliosa. E' decisamente insolito vedere del mais nel bruciatore al posto della legna. Ci si aspetta che ne esca una montagna di pop-corn. E invece, come per incanto, il mais brucia, scalda più del legno e, visto che la cascina lo produce, è molto conveniente.
La fochista parla e nel frattempo, per non perdere tempo, carica la caldaia di mais. Fa la spola dalla carriola alla caldaia. Riempie e svuota il secchio rosso molte volte, sempre con la stessa forza e lo stesso ritmo. Riempie il secchio di mais fuori, fa i due gradini per entrare nel locale caldaia, sale su una scaletta perché se no non ci arriva e svuota il secchio nel serbatoio. E poi ricomincia. Nel frattempo fornisce i dati tecnici di calore, calorie, consumi e quant'altro.
Se non sei un addetto ai lavori non ci capisci niente.
Si interrompe solo quando è finito il mais. Soddisfatta riprende la sua carriola e la va a riporre dietro l'angolo della casa.
Evelina sente un trattore in lontananza. E' una donna che sta seminando avanti e indietro nel suo infinito campo. Per un attimo ferma il trattore e alza lo sguardo sul suo lavoro.
Evelina si avvicina e riconosce i vivaci occhi azzurri. Arriva la padrona della cascina che porta Evelina nell'aia e le mostra come è riuscita a trasformare una vecchia dependance in un graziosissimo bed and breakfast.
Mentre apre le sue dieci belle camere, la padrona spiega le tappe della progettazione e della realizzazione della sua attività. La prima sensazione di Evelina è di calore, di intimità. In ognuna delle camere trova la stessa sensazione di buon gusto, semplice ma elegante. E osserva questa donnina dall'età indefinibile che con poche, ma efficaci parole le spiega tutto ciò che ha fatto per riuscire a realizzare il suo progetto. La donna, ha vivaci occhi azzurri .
Non ha fatto tutto da sola, è stata aiutata da una restauratrice di vecchi mobili, che è un'artista nel recuperare letti in ferro battuto e vecchi comò della nonna.
Qualcuno l'ha aiutata a dare il bianco e a tinteggiare gli infissi di verde pastello. Altre donne hanno cucito e messo su le tende per ogni camera. Tendine che hanno settant'anni e che provengono da uno scampolo di tessuto a quadretti bianco e verde trovato in una vecchia cassapanca in montagna.
I mobili dell'Ikea, montati da una sua cara amica, si integrano perfettamente con quelli vecchi e restaurati.
Confida ad Evelina che anche per la disposizione dei mobili e dei suppellettili si è affidata ad una esperta arredatrice.
Non ha riempito le camere di mobili, in questa decisione ha avuto un occhio di riguardo per la donna di servizio che ogni giorno deve lustrare tutte e dieci le camere.
Finite le camere la porta nel ristorante. In cucina il figlio, in sala una cameriera con i vivaci occhi azzurri contornati da piccole rughe.
E' ora di accomiatarsi, Evelina e la padrona della cascina escono nell'aia dove, proprio nel mezzo, un bel bambino gioca nella sabbionaia. Il bimbo alza gli occhi vivaci e azzurri sulla nonna e le sorride: “Nonna, dove sei stata?”
Dal portone dell'aia entra la donna sul trattore con gli stivaloni verdi. Evelina sente un rumore alle sue spalle e dal locale caldaia esce la fochista con il secchio e la carriola vuota.
La donna di servizio ha finito le sue pulizie e con la biancheria in braccio attraversa l'aia. La restauratrice lascia il suo lavoro di recupero di un vecchio letto in ferro battuto e si avvicina sorridendo al bimbo; anche l'arredatrice e l'imbianchina si lasciano distrarre dal bimbo nella sabbionaia che sorride.
Tutte le donne che da cinquant'anni lavorano in questa cascina, tutte con i vivaci occhi azzurri contornati da piccole rughe, guardano sorridendo il bimbo. E all'unisono rispondono: “Sono qui piccolo, ora la nonna gioca un po' con te”.
Con il passare delle ore, la nebbiolina si dirada. Il sole inizia a scaldare la terra e il fango gelato a imbrattare le scarpe da passeggio. E' sulla strada che porta in paese e affianca il camposanto. Il silenzio viene rotto dal ticchettio di un picchio al lavoro. Evelina alza lo sguardo e guarda gli alti alberi del bosco e un corvo che vola basso. All'improvviso, nel silenzio irreale del bosco, vede un giovane soldato che corre. Un attimo e si dissolve tra la vegetazione.
L'immaginazione e la memoria di Evelina si uniscono e come spesso le accade, generano visioni. Nel suo camminare Evelina ha incontrato un'altra storia, quella di Ritin.