wiki-finale: Ah, non averle mai avute...

Willy aveva rallentato il passo.
Camminava dietro a Matilde ben conscio di essere solo con le sue riflessioni.
Bastavano pochi metri di distanza ad annullare l'effetto di cui erano stati poco prima testimoni ? I loro pensieri erano sempre stati così limpidi che davvero si stava domandando se non fossero ancora una volta vittime di un'allucinazione, che tutto quello che si erano o non erano detti quel giorno se lo sarebbero detto o pensato comunque. Perchè lui non aveva bisogno di sentire la voce di Matilde per sapere cosa pensava e neanche Matilde aveva bisogno di sentire la sua.
Tutto spiegabile, almeno fino al momento in cui avevano incontrato TTT, Teresa. Matilde aveva colto qualcosa nel suo sguardo, ne era sicuro. Colto dalla confusione del momento, da quella strana situazione che per qualche oscura ragione metteva a nudo i loro pensieri, aveva cercato lo scudo più probabile, la copertura più ovvia. Si era uniformato allo stereptipo comune, per nascondere quella che davvero ora gli sembrava una scomoda verità.
Con passo lento era ritornato con la mente a quello che era successo qualche mese prima, una sera di luna piena, in cui era uscito di casa con la scusa di cercare Rudi, il loro cane che scherzando definivano mezzo meticcio, perchè l'altra metà non si capiva proprio da dove fosse uscita. Rudi aveva un concetto vago di casa, spesso si allontanava e tornava il giorno dopo, o dopo due giorni. Ormai erano abituati, ma quando i giorni cominciavano a passare Willy diventava inquieto e cominciava a girare per casa lui si, come un cane rabbioso.
Così quella sera era uscito, il cielo stellato e il tepore di una notte di luglio lo avevano portato a girovagare a lungo, fino a che si era ritrovato nel basso, giù giù, fino a che la strada costeggia la Ceronda, dall'alto, e il cielo finalmente libero dagli alberi si riesce a cogliere appieno.
All'improvviso aveva sentito un rumore alle sue spalle. “Ciao, Guglielmo”, la voce di Teresa lo aveva quasi spaventato. “Ciao Teresa, cosa ci fai in giro a quest'ora di notte ?”
“Potrei farti la stessa domanda, per quel che mi riguarda non mi andava di dormire, è una notte così bella. Non mi andava di sprecarla”.
Teresa nella mente di Guglielmo era ben diversa dall'immaginario collettivo. Sarà che si conoscevano da quando erano nati, che l'immagine più presente che aveva di lei erano le treccine striminzite il primo giorno di scuola. “Vieni” gli aveva detto Teresa, “Ti voglio far vedere una cosa”. Lo aveva preso per mano e lo aveva portato più avanti, lungo un sentiero nascosto tra i rovi e il granoturco, fino ad una strana terrazza di legno. “Sei mai stato qui ?” “Certo che sì” aveva risposto Guglielmo, ci venivamo sempre a giocare agli indiani, quando avevamo la banda, ti ricordi ? Però non avevo mai visto queste costruzioni, cosa sono ?”
“Sono dei punti di osservazione della zona umida, si possono vedere gli alberi, gli uccelli. Ma lo sai quante specie di uccelli ci sono qui ? Adesso non si vedono perchè è buio, ma ce ne sono di bellissimi, aspetta vieni da questa parte” e così dicendo lo aveva trascinato ancora più avanti ancora più vicino al fiume, fino ad un punto in cui si trovava un piccolo laghetto, in mezzo al quale si trovava una carcassa di automobile, con sopra un airone di metallo. “Lo sai che non sono riuscita a trovare nessuno che sappia cosa ci fa qua qui questa roba ? Ci sono così tante cose che vorrei sapere” Teresa fissava il lago con uno sguardo perso, triste, avrebbe detto Guglielmo, se in quello stesso istante Teresa non si fosse avvicinata dicendo “ci sono tante cose che avrei voluto fare, una senza dubbio è questa” e così dicendo aveva cominciato ad accarezzarlo, a stringersi a lui, fino a che anche Guglielmo si era lasciato andare e lì, in mezzo alla palude, avevano fatto l'amore.
Si era fermato e Matilde lo stava guardando con aria interrogativa. “Cosa fai ?”
“Matilde, io torno a casa. Questa cosa non ha senso. Ma dove stiamo andando ? E a fare cosa ? Sono stanco” Willy aveva fatto dietro front e si era incamminato verso casa. Matilde lo guardava da lontano, “Willy, aspetta, cosa succede ?” Ma Willy non voleva ascoltarla, aveva accelerato il passo fino a correre e così lui davanti e Matilde dietro affannata, erano tornati in paese.
Fu all'altezza di via Mussatti che correndo lungo il muro si scontrò con Teresa che usciva in via IV Novembre. La fece cadere e il contenuto della sua borsa di tela si rovesciò per strada. Willy mortificato le chiese scusa, mentre raccoglieva le sue cose. Lo sguardo gli cadde su una foto, che subito riconobbe per quella del messaggio, quella in cui il campanile stava sparendo. Fece per aprire la bocca, ma Teresa gliela strappò di mano dicendo a bassa voce “la luna piena, spero di farcela” mentre Matilde li aveva ormai raggiunti e Teresa con tono tranquillo gli diceva “non è nulla, non ti preoccupare”.
Willy tornò a casa pensieroso. Un altro tassello si era aggiunto a quel mistero ma non gli aveva dato nessun elemento in più per capire, anzi, la cosa si era terribilmente complicata. Come mai Teresa aveva quella foto ? E poi come avrebbe fatto lui a spiegare a Matilde la faccenda della luna piena ?
Decise di tergiversare, stampò la foto per poterla osservare con calma e mentre Matilde faceva congetture Willy si avvicinò al calendario, mancavano due giorni alla luna piena.
 
Aveva deciso che avrebbe continuato da solo la sua ricerca. Si giustificava dicendosi che in fondo il messaggio lo aveva trovato lui, e quindi solo a lui era destinato.
Due giorni erano passati senza che nulla fosse cambiato, senza che Matilde avesse trovato una spiegazione sensata a quella foto, senza che lui non ci avesse neppure provato, ormai convinto che la spiegazione fosse altrove, nella luna piena, un indizio sufficiente per il dove e quando.
Era uscito con la scusa di prendere un po' d'aria, anche se faceva troppo freddo per essere credibile.
Era tardi, ma camminava senza fretta lungo la strada del Colverso. Aveva deciso di passare da quella parte, forse aveva idea che sembrasse più normale una passeggiata verso il Colverso, nel caso, improbabile, che Matilde avesse deciso di seguirlo. Aveva percorso la strada illuminata fino alle ultime case, poi si era addentrato nel bosco, seguito dell'abbaiare dei cani.
Appena gli occhi si abituarono all'oscurità non ebbe difficoltà a seguire la strada che scendeva verso il basso.
Quando arrivò vicino al lago sentì la sua voce: “Ti stavo aspettando”.
“Spiegami” disse Guglielmo.
Teresa fece un mezzo sorriso, “scusami, scusa di questo gioco puerile, ti chiedo perdono”
“Perchè ?” le chiese Guglielmo
 “Avrei dovuto dirtelo quella sera, sarebbe stato più facile, ma era così bello, così dolce e non volevo rovinare tutto”.
“Dirmi cosa ?”
“Mi dimenticherai. Adesso dirai di no, ma da qui a un anno mi dimenticherai, come dimenticheranno tutti.”
 “Teresa, ma cosa stai dicendo ? Dimenticare cosa ?”.
“Me, la mia persona. Guglielmo io sono malata. Non c'è più niente da fare, pensa l'ironia. TTT, Teresa tutte tette che se ne va per colpa delle tette. Ah, non averle mai avute, maledizione. No, non mi guardare così, è la verità e in questi mesi me ne sono fatta anche una ragione. Ho deciso di non combatterla quasta battaglia, è persa in partenza, che senso ha prolungare un'inutile agonia ? Ormai sono alla fine, non ero neanche sicura di essere qui stasera, invece ci sono, mi fa piacere. Ci sono tante cose che mi sarebbe piaciuto fare, qualcuna l'ho fatta, qualcuna di certo non ce la farò. Va bene, è così che deve essere. Ma non riesco ad accettare quest'idea di essere dimenticata, quest'idea che la mia vita sia trascorsa inutilmente. La gente dimentica, dimentica troppo facilmente e non impara nulla. Si fa sommergere dall'ondata di emozioni del momento e poi tutto sparisce, dimentica il male, dimentica il dolore. Dimentica gli olocausti, ignora il passato. Quello che potrebbe essere una ricchezza, la memoria dico, viene calpestata, viene negata in virtù di un eterno presente. Ma il tempo passa, Guglielmo, il tempo passa e noi non possiamo farci niente. Se non impariamo dal passato, se non impariamo dai nostri errori, non andremo mai avanti.
“Si, ma perchè questa cosa, perchè io ?”
“Perchè tu sei uno che ricorda, tu sei uno che può aiutare gli altri a non dimenticare. Tu ricordi che venivamo qui a giocare agli indiani, e ricordi la vigna di tuo nonno. Non hai avuto dubbi sulla torre. Racconterai queste cose ai tuoi figli un giorno. Questo paese non sarà un anonimo paese ma conserverà la sua storia, nelle sue vecchie pietre, nel suo campanile. Tra tutte queste cose forse ci sarà un posto anche per me. Questo vorrei chiederti”.
Guglielmo aveva le lacrime agli occhi. Stava per aprire la bocca ma faceva fatica a trovare la voce.
Teresa lo fermò “no, adesso va, torna a casa. Io voglio fermarmi qui ancora per un po'”.
 

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