m'illumino d'inverno

italo losero
E' che mi grondano pensieri da tutte le parti e a volerli mettere in ordine non si ottiene che altro caos: allora calzo gli stivali, allerto il cane, controllo la carica della macchina fotografica e m'incammino nel caro Basso, fidando nel conforto che le cose di natura sempre m'hanno offerto.
 
Il giorno della memoria, lo sportin, la scuola, il fascismo,la luce a led ed il sito,  i pensieri, le parole, (l'opere e le omissioni!), poi le recensioni dei libri, il bando, il teatro e il micronido, la TAV... quello che si può fare, quello che si dovrebbe fare, quello che si vuole fare... giostre impazzite vorticano nella festa patronale dell'assurdo chiedendo logica, sistemazione, giudizio, pace...
So di non essere in grado di gestire questa complessità: e allora re-ligio, mi lego alla radice, alla radice dell'uomo, alla natura: nel Basso, appunto, che nell'inverno dispiega forze inenarrabili appena al di sotto della patina fredda di gelo, di neve e di brina; una passeggiata, un paio d'ore libere, un po' dell'ansia che si prova appena prima di liberare la mente... via, si parte.
 
Le strane forme della natura nei vegetali e nell'acqua d'inverno subito eccitano i neuroni; panorami onirici al gusto di fiaba incorniciano i pensieri. Partendo dalla scansione dei tempi liturgici della Chiesa, che al bianco Natale fa seguire la viola quaresima, il pensiero si porta alla natura, dalla quale ogni liturgia ha genesi: nel riflesso delle gocce d'acqua, nel freddo dei panorami, nell'apparente morte, nell'assenza di vita che si percepisce nei prati innevati, nei neri alberi scarni, nell'acqua gelida, si scalda un pensiero: lì sotto, i semi hanno cominciato a mettere le radici.
Piccoli, piano, lentamente, stanno già germogliando, una vita sta nascendo; nascosto dalle apparenze, sotto sotto c'è qualcosa che scalda l'animo, che ci dice che anche quest'anno ci sarà primavera, che le giornate sottozero lasceranno il posto al verde e alle primule. E' il momento in cui più sono potenti le forze buone occulte, profonde, la spinta stessa della vita, che nella botanica trova una delle forze ataviche primordiali, precedenti all'uomo stesso, abissi di inimmaginabile forma vitale; il pensiero corre a bothanica, opera teatrale dei Momix, che questa forza hanno tradotto in uno spettacolo che non dimenticherò per la forza di rappresentazione dell'oltre-umano.
 
Ah, il verde, il verde sognato... è solo un colore, eppure racchiude una forza potente: il grande esoterista (forse veramente esistito) Fulcanelli ha scritto due grandi tomi, “il mistero delle Cattedrali” e “Le dimore filosofali”: nella prefazione di Le Canseliet è riportato che la soluzione dell'Opera Unica è in questo testo, e precisamente è in un colore... immagino di sapere qual è.
 
Eppure l'occhio vede solo bianco, nero, gelo. C'è un pezzo nella messa da Requiem di Verdi (mors stupebit) in cui ad un certo punto non c'è orchestra, solo voce, voce di basso che per tre volte, lentamente, nel silenzio, pronuncia la parola mors, morte, distanziandole una dall'altra scendendo sempre più in basso con il tono, allungandone il suono, scendendo nel profondo dell'animo... è la parte più triste e struggente di questo laico inno, è musica che riesce a comunicare il sentimento di gelo assoluto, di assenza di vita; mi risuona nelle orecchie come un mantra che per contrasto esalta il pensiero delle piccole radici che stanno sgambettando nel profondo della terra.
 Sgambettano e assorbono, fanno tesoro del poco che c'è, sono pronte al nuovo, dinamiche verso la vita, proiettate al futuro: è il periodo dell'acquario, il segno dei diplomatici; quanto avrebbe da imparare, il mio autunnale ipercritico atteggiamento bilancino, da questa spinta alla vita! Qualsiasi trattato di astrologia dialettica metterebbe l'accento sull'influenza sull'uomo di un periodo così profondo come questo; ed è chiaro quanto si adatti questa disposizione dello spirito al periodo quaresimale.
 
La quaresima, l'acquario, la stagione... qualcosa risuona, probabilmente nella corteccia cerebrale qualche neurone si mette in sintonia con una emittente atavica, con qualche logica assurdamente dimenticata... cerco di mettere a fuoco e dal profondo esce Stainer, Rudolf Stainer, con la sua strana teosofia, con la sua affascinante antroposofia: è il regno minerale ad essere quello più evoluto, quindi quello vegetale e quello animale: l'uomo è l'ultimo e il più imperfetto dei viventi, che cerca l'unione con la propria primitiva essenza. Di questi tempi, è certamente improponibile, ma lascia il segno nelle menti sensibili.
 
Nel cammino tra sterpi e tracce d'animali, ai bordi del Ceronda, alzo gli occhi ad una scena immortale: un piccolo passaggio tra gli alberi rinsecchiti incornicia un tratto del torrente che mi sembra d'una bellezza inenarrabile. Cambio obiettivo alla macchina fotografica, cambio programma, tempo, diaframma, inquadratura, cerco di rispettare la regola dei terzi, abbasso il tempo per aumentare il fuoco, inserisco lo stabilizzatore ma mi accorgo che per la focale che ho il tempo è troppo lungo, 1/25 di secondo, impossibile fare una buona foto. A meno che... a meno di stare fermi, immobili. Allora inquadro e non respiro. Assurdamente fermo l'attimo, la dualità, inspirare e espirare, in e out, bianco e nero e per un piccolo lucidissimo secondo sono l'Uomo che immortala, che fissa nel tempo un'immagine, che ruba l'anima all'attimo per portarla in piazza e condividerla.
 
Click.
 
Ormai inebriato passeggio in uno stato quasi estatico, le profondità del tempo e della stagione mi fanno muovere lieve e assorto tra gli stagni addormentati; aspetto minuti dietro ad un cespuglio fermando il cane ed aspettando il movimento dell'airone, pronto a fissarne l'eleganza del volo, in questo paesaggio fatto di grigi, di bianchi e di neri che nella liturgia della stagione mi comunica il senso del periodo di riflessione, della quaresima, dell'astrologia umana, dell'inverno dell'anima che accoglie la vita prossima ventura.
 
Appare chiaro che il gelo, la giornata della memoria con il male assoluto, i fascismi, le aspre rivalità tra le persone, e tutti i pensieri sulla giostra impazzita della mente racchiudono un seme di vita, pur coperto da brutture e incomprensioni; da che mondo e mondo, il contadino ricopre con letame la terra per tenere il seme al caldo, e solo lo sprovveduto considera l'azione dall'olezzo.

Non è dall'odore che posso giudicare le azioni, ma dal seme che contengono; e, viceversa, ogni idea, ogni discorso, ogni filosofia ha un senso quando ha un seme, quando si traduce in azione sociale, quando diventa vita.
 
 
M'illumino d'inverno.

biagio31 gennaio 2010, 10:01
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Non si può commentare una poesia così alta. Non vi è nulla da aggiungere ad una sensibilità così profonda verso l'uomo ed il creato. Si può solo gustare il tutto in assoluto raccoglimento. Si devono solo diffondere, diffondere, diffondere, questi cantici d'amore permeati da profonda religiosità. Diffondiamo www.lacassa.net .

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