all'Arìs, con il diavolo alla ricerca della pietra filosofale

italo losero
Son andato alla fontana dell'aris, è uno strano posto e ho fatto qualche foto.
Basterebbe questo per dire tutto; invece ho il gusto di giocare con le cose e i pensieri e voglio raccontarvi una storia più lunga, che parla di questi nostri territori che già altre volte (quie qui) m'hanno stupito. I curiosi mi seguano, per gli altri le foto sono in fondo.



Sono montagnino, per me i monti sotto i 2000 sono sempre stati trattati con sufficienza come poco più che collinette; figurarsi questi piccoli rilievi dietro La Cassa, e le loro fontane.
Già più fattori mi spingevano ad andarci, alla fontana del'Aris: l'esserci passato una volta in bici e non averla notata, il fatto che Vittoria Fauro ne parlasse come luogo bello ma infestato da vipere, il fatto ancora che Alberto Casale narrasse di 'pietre che suonano' lì vicino; ce n'è abbastanza per stimolare la curiosità, preparare cane, scarponi e macchina fotografica e, per una volta, abbandonare il Basso di La Cassa per... l'Alto, temerario esploratore che dal sud ovest di La Cassa si spinge negli sconosciuti territori del nord-est.
Lascio l'auto alla fine della via delle fonti (...il nome, scoprirò, non è dato a caso..), l'avventura è propiziata dal saluto degli amici che dalla città si sono stabiliti proprio qui; quattro chiacchiere e poi si parte su per la strada sterrata, finchè dopo un km circa piega a gomito: di lì parte il sentierino che in poche centinaia di metri porta alla fontana dell'Aris, riconoscibile da una scritta blu, da una tettoia montata dagli alpini, da qualche tavolo in pietra montato per un possibile picnic.

Ci vengo ora, in questa stagione, perchè non ci sono vipere, delle quali ho una irrazionale paura, che diventa il centro dei miei pensieri man mano che dal paese mi avvicino. So che l'irrazionale irrompe nella vita dell'uomo per spingerlo sulla via del perfezionamento: così i sogni, le passioni, e le paure, arrivano da territori inesplorati delle profondità dell'animo, da istinti primi che in qualche modo abbiamo trascurato, o schiacciato. Un serpente è da sempre segno, e archetipo, del male: il tentatore, così connesso nella nostra cultura con il diavolo, che nei Tarocchi è così strano... guardatelo, nei classici tarocchi marsigliesi: è donna, sotto il tronco è a forma di capro, una cintura fallica in vita, un viso umano disegnato sul ventre (desideri sessuali e creativi), due occhi nelle ginocchia (ha tanti occhi per guardare bene in faccia le proprie paure), tiene incatenate due persone (forse amanti).
Già da bambino ero affascinato dagli strani disegni dei tarocchi e durante la salita tornano alla mente insieme a considerazioni cabalistiche sugli arcani (per chi vuole approfondire, vedi alla voce Jodorowski); l'unica cosa che mi resta è che nelle interpretazioni più serie, se così si può dire, dei Tarocchi il diavolo non è legato al male, bensì alle esperienze terrene, alla fisicità dell'esperienza umana; non è una carta di per sè negativa, può indicare anche la catarsi tramite l'esperienza fisica.
E' legato alla via terrena del superamento della polarità, la via che passa attraverso le profondità dell'essere opposta a quella che passa per lo spirito (5, il papa), tant'è che in altre carte il diavolo ha tatuato sugli omeri il principio alchemico 'solve et coagula', alla fine l'unica formula per ottenere la pietra filosofale.
Le catene indicano il pericolo del fascino che può bloccare chi troppo si affida a questa carta; il fatto che abbia i seni e il pene ricorda la nostra voglia di assoluto nella perfezione dell'ermafrodita e porta dritti dritti al baphomet dei Templari, e da lì saltare a Eco del Pendolo o al Bulgakov di Il maestro e Margherita è un'attimo, ma il turbine che crea è così vorticoso che sa un po' di inutile baloccamento; meglio pensare di meno e sentire di più, adattarsi all'ambiente e sentirne le vibrazioni.

Così, accompagnato da questi pensieri, arrivo all'Aris in una tiepida giornata di fine febbraio, attento ai segni che l'irrazionale vorrà segnalarmi.
I primi segni sono tutti negativi, mi sento a disagio; sarà il discorso delle vipere, o questa strana tettoia metallica che così poco c'entra con l'ambiente, o i tavoli fatti di metallo e pietra, così rigidi, quando mi aspettavo legno, oppure questo ambiente così petroso, calcareo, duro, grigio e marrone... fatto sta che questo luogo dell'aris, del riccio, mi presenta ora solo le spine. Anche la scritta blu, sembra essere fuori luogo. Mi rendo conto però che è un luogo di rispetto, che richiede attenzione: ciò che sento è il cane alla guardia degli spiriti del luogo. Sono in bilico: tornarmente indietro o continuare?
Penso alle pietre che suonano, ed è un pensiero positivo: se qui qualcosa suona, c'è qualcosa di buono, perchè il suono è ordine, è melodia delle cose. Vinco qualche resistenza e... cerco le pietre che suonano. Alberto ha detto che certe pietre se percosse con altre si mettono a suonare: si devono cercare quelle incastrate in un certo modo. Ma già quando me lo diceva ero scettico: come può suonare qualcosa di incastrato?
Quindi cerco le pietre, e cercandole vedo che la fontana è ai margini di una grandissima pietraia; lunga 700 metri, larga nel punto massimo una cinquantina, è una lingua di pietra posta su un dislivello di circa 100 metri; l'Aris è quasi nel punto più alto.
Prendo un sasso, lo percuoto su un'altro e... bump, niente suono. Mi sposto, un'altro ancora e... bump, niente. Ancora e ancora, ma nulla suona, solo rumore di pietra che cozza su pietra. Mi sento anche un po' deficiente ad andare in giro a sbattere pietre.
Da quando cammino su questi sassi rosa scuro ho una strana sensazione; sono abituato alle pietraie d'alta quota, ogni anno rimodulate dai nevai; questa è decisamente diversa, le pietre sono fisse, stabili. Dovrebbero darmi una sensazione di terrestre solidità, invece mi sento sollevato, e mi accorgo che.. in realtà sono sull'acqua. Questa pietraia è sull'acqua! Mi sposto verso l'alto e la sento meglio: tanta acqua, sotto di me, sotto queste solide rocce, più avanzo e più sento il rumore, così forte che penso e spero di vederla ma.., no, non si vede, è sempre sotterranea. Vado su, fino in punta, per vedere il ruscello che deve sicuramente esserci ed immettersi nella pietraia ma.... non c'è. La pietraia finisce improvvisamente in un boschetto. Più tradi andrò fino in fondo: anche lì, niente acqua. L'unico ruscello che c'è passa nella linea di impluvio, più a ovest.

Questo è molto interessante. Sto camminando su una pietraia che nasconde l'acqua che scorre.
"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi": il Piccolo Principe mi rincuora.
L'acqua è sempre stata simbolo della conoscenza (si pensi a Cristo sorgente di vita) e anche del pericolo inconscio, ed il fatto che io la senta ma non la veda, che la voglia vedere ma che lei mi si neghi, mi affascina; inoltre mi fa sentire anche in pericolo, come se potessi sprofondarci dentro; stavolta è la pietraia, con la sua solidità, a farmi da scudo. Ancora, questa senzazione di essere in bilico, di percepire insieme un pericolo e una possibilità di crescita, di essere alla scoperta di qualcosa e, insieme, di aver bisogno di un aiuto.
Tra le risorse che si possono usare per capirci qualcosa c'è il sè profondo; senza scomodare le filosofie indiane, basta cercare il silenzio dei pensieri per sentire salire qualcosa da dentro; mi siedo su un sasso comodo in cima alla pietraia, guardo gli alberi scarni, la piana verso Torino, Superga, sento l'acqua scrosciare e... sale Mozart.
Così, ondeggiante come una brezza che va e che viene, le note del lacrimosa del Requiem mi si compongono in testa... ma guarda un po'... io che in materia sono rigorosamente verdiano, che esalto le rivendicazioni urlate dall'anima verso dio, un sindacalista della nostra razza contro il padrone, stavolta mi faccio prendere dalla melodia dolcissima mozartiana, orecchie basse, riverenza e timor di dio... un po' alla volta le sensazioni negative se ne vanno, per lasciar posto a qualcosa di più dolce, all'accoglienza del momento, dell'acqua, delle pietre, all'annussare nell'aria l'onda del tempo che mi si dispiega davanti.
E aperte le porte di Mozart, è tutto un'incedere; sale vibrante il Kyrie, e poi ancora il Domine Jesu  dell'Offertorium, i cori mi risuonano in mente, vorrei tanto aver portato il lettore MP3 per stampare in testa questo momento.
Percorro tutta la pietraia, dall'alto al basso; sempre con l'acqua a qualche metro sotto i piedi, saltando sulle salde rocce. Solo in certi punti mi fermo; non so perchè il cane guaisce, mi guarda e non vuol saperne di continuare. In questi casi giro intorno, vado sul bordo e proseguo; ormai sono nel flusso degli eventi, inutile essere in disaccordo con la natura; una scodinzolata è il segnale che la via è quella giusta.
E così bump, bump, bump un salto dopo l'altro percorro la pietraia e bump, bump, bump, mi rieccheggia Mozart, e bumb, bump, plin, vado verso casa.

Plin?

Plin, indubbio, quello non era un bump. Ripercorro i miei passi e... plin, plin, pliiiinnn, c'è una roccia che suona!!! E' una pietra quasi piatta, che ad uno dei lati si assottiglia verso l'alto; passando col piede su quel lato si alza la parte opposta che ricade sulla pietra sottostante e... suona! E' un suono duro, puro, abbastanza intenso; guardando la pietraia penso di riconoscerne il motivo: se c'è l'acqua sotto vuol dire che periodicamente questa pietraia è inondata fino in superficie: l'acqua porta via tutte le parti più piccole, sassi e sabbia, spostando e incastrando perfettamente i grandi massi. Questi massi contengono metalli in quantità: più in alto c'è la Fontana d'l Aram, chiaramente indice della ricchezza di rame nelle acque e, altrettanto, nelle rocce. Questo metallo deve conferire una struttura cristallina che fa 'suoanre' la roccia.
Già la mente parte sul rame, e sul suo pianeta, Venere, sulla forza materna di quest'acqua cuprea, sul ruolo di equilibratore del metallo nell'antroposofia, di accettazione di sè secondo Steiner, dell'uso che ne veniva fatto nelle pratiche di guarigione e di crescita spirituale e, cito, "E' ottimo da usare per chi fa politica, poichè conferisce discernimento nel proseguire il giusto fine"... ce n'è abbastanza per un altro viaggio, magari con i nostri amministratori, per abbeverarsi alla fontana d'l Aram.
L'acqua, la conoscenza inconscia, ogni tanto viene in superficie e sistema le cose, pulendole, facendole risuonare di una loro melodia... quanto ci sarebbe da lavorare per uno psicanalista, quanto ci sarebbe da pregare per un credente, quanto c'è da ringraziare per un uomo...

Me ne torno a casa con l'animo più leggero, sicuro che anche questa volta l'ambiente che mi circonda mi ha aiutato ad avvicinarmi all'essenza delle cose, qualsiasi essa sia; che la ricchezza che abbiamo è nel territorio intorno a noi, che ha una conoscenza che va molto al di là delle nostre povere nozioni, che i veri flussi di conoscenza stanno nell'irrazionale, negli archetipi dell'inconscio collettivo mascherati da istinti, paure, sensazioni.

Anche una pietraia può essere la via per l'infinito (perchè no, una stairway to heaven!) perchè raccoglie in sè le conoscenze della terra e va difesa.
Penso al progetto del nostro comune vicino (spero di poterne scrivere presto) che sta vendendo per pochi soldi una grande pietraia: gli amministratori non potevano crederci, pagano per prendere le pietre...

Capiranno mai cosa hanno venduto per trenta denari?

Vittoria Fauro 2 marzo 2010, 10:13
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Come facciamo, Italo, a ringraziarti per queste immagini, queste emozioni, questi viaggi incredibili nel giardino di casa ?

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