Vendo racconti
di Vittoria Fauro
Vendo racconti, non so come ho cominciato, un giorno mi è uscita così, ma ora è il mio mestiere. Vendere storie, un tanto alla parola. Storie su ordinazione o storie a sorpresa, si paga il sovrapprezzo per l'urgenza, o se si vuole in qualche modo condizionare il protagonista.
D'altra parte la libertà di espressione va tutelata: vuoi che il cattivo vinca ? Non sono d'accordo, ma paghi il sovrapprezzo e anche un mostro sanguinario avrà il suo trionfo.
Poco etico, d'accordo, ma non ha niente a che vedere con la poesia. E' lavoro, guadagnarsi la minestra. Un pezzo di pane per ogni parola. Parole leggere per comprare il latte, parole dure per la carne o le verdure. Faccio buoni prezzi, perfino sconti.
Volete che ritornino gli stessi personaggi ? Vi costa un po' meno, visto che non devo inventare ogni volta nuovi caratteri e nuove facce.
Delle volte sono storie allegre, delle volte tristi. Potete scegliere dal campionario, ovviamente. In certi periodi vanno di più le storie d'amore, in altri quelle buoniste dove tutto finisce sempre bene.
Come quelle che mi chiedono quando è quasi natale. Tutto uno scialaquarsi in gentilezza e bontà. Francamente preferisco quelle un po' più vicine alla realtà.
Non mi si fraintenda, le storie di fantasia vanno benissimo, e non solo quelle di cavalieri e draghi, ma anche meno banali, di lombrichi che cercano un vaso di fiori perché ne adorano il profumo, e non mi si contesti che i lombrichi non hanno naso, un po' di fantasia, suvvia.
Poi ci sono le storie ambientante in altre epoche, ci sono i fanatici delle ere glaciali; qui, con tutte le storie già in giro, si fatica un po' a trovare qualche filone nuovo...
Però ci sono tante altre epoche così interessanti. Una volta avevo un cliente, grande chef di un ristorante che, chissà perché, adorava le storie ambientate nel brodo primordiale.
Poi avevo un commercialista, di quelli perfetti, precisi, sempre tutto in riga come i numeri sopra i sui fogli. A lui piacevano le storie dove tutti volavano, non gli importava il soggetto, animale o cosa, bastava che le storie si svolgessero in volo.... Mah, gente strana.
Di una signora ricordo con affetto l'aspetto mite e una timidezza che quasi la faceva balbettare quando mi chiedeva se per caso mi fosse rimasta qualche storia in saldo, con poche pretese, ma che riuscisse per qualche attimo a farle chiudere gli occhi e a portarla lontano. Anche non tanto lontano, se costava troppo, ma abbastanza da farla sentire per un poco dentro una diversa pelle.
Confesso che qualche volta ho barato un po' e le ho venduto come rimanenza qualcuno dei pezzi migliori, senza comunque darle modo di pensare che ci fosse una qualche forma di pietà in questo gesto. Diciamo piuttosto uno "sconto tenerezza" tutto personale. D'altra parte sono io che scrivo le storie, io che le vendo, potrò ben decidere che prezzo fare ?
Che poi non è che ho un posto preciso dove scrivere, o un orario definito. Le storie per uscire hanno bisogno di libertà, così io scrivo ovunque mi trovo, nel modo in cui posso, perché un'idea quando viene viene, non è che possa aspettare.
Certo, ho i miei punti di riferimento: un libricino giallo con la rilegatura in stoffa bordeaux, con dei piccoli fiori bianchi che ricordano il giglio bottonato di Firenze. Lo uso insieme ad una matita, di quelle rotonde, tutta nera, da sembrare un po' una matita d'altri tempi. Ma questo quando scrivo storie un po' romantiche. Più spesso uso il mio netbook, l'ho comprato poco tempo fa per sostituire il vecchio portatile che ormai cominciava a dare segni di cedimento. E' stato un po' un vezzo, lo so, sembra di seguire le mode del momento. Però è molto comodo, poco ingombrante e, francamente, non mi serve che abbia delle grandi prestazioni per poter scrivere storie. Certo, visto che c'ero, ho curato particolarmente l'argomento connettività, visto che le storie, oltre a scriverle, le devo anche vendere, e la possibilità di consegnarle nelle più svariate forme non è cosa da poco.
Poi devo anche essere reperibile, a volte mi chiedono cose da pazzi, di consegnare una storia entro un'ora, e pretendono pure che magari tratti di argomenti che dovrei impiegare settimane per documentarmi come si deve. Ma che ci posso fare ? Il lavoro è lavoro, bisogna prendere quello che viene e a volte non sottilizzare troppo. Consegno via mail, SMS, lettera convenzionale, raccomandata. Se richiesto anche busta profumata, ma costa un po' di più. Ultimamente sto mettendo a punto le cose per aprire un sito e vendere storie direttamente online. Pagamento con carta di credito. Sicuro e garantito.
Mi hanno anche chiesto di poter fare video chiamate per raccontare direttamente io le storie. Ma qui ho posto un veto: non se ne parla. Io le storie le scrivo. Punto.
Dicevo che a volte scrivo dove viene e, detto fra noi, mi è capitato di essere causa di equivoci spassosi. Una volta camminavo su un marciapiede pensando ai fatti miei, quando il mo sguardo ha incrociato un'automobile parcheggiata, che non aveva niente di speciale, una comune utilitaria grigia, niente di più banale, ma aveva un'ammaccatura subito sopra il fanale che le aveva, per così dire, cambiato l'espressione e aveva preso questo sguardo torvo, accigliato, che mi ha fatto sorridere e ho pensato chissà, magari si sta chiedendo "e adesso come faccio ad andare in giro conciata così ?" e mi è venuta in mente una storia. Allora ho preso un notes che avevo in tasca e ho cominciato a scrivere alacremente. Dopo un po' il corso dei miei pensieri è stato brutalmente interrotto da una donna che mi si è avvicinata e quasi implorando mi ripeteva "la prego, la prego, non me la faccia la multa, la sposto
subito la macchina".
Un'altra volta stavo scrivendo una storia che mi stava venendo proprio bene e non volevo interromperla a metà. Ero seduto su una panchina del cimitero, quello monumentale, che a volte mi piace andare lì ad ispirarmi; ci sono tante statue, monumenti con le forme più strane. Comunque ero lì che scrivevo e un guardiano mi ha avvertito che stavano chiudendo. Io, distrattamente, ho risposto che si, grazie, lo sapevo, soltanto un attimo ed avrei finito, poi ho continuato a scrivere. Dopo un po' è passato un altro guardiano e anche lui mi ha avvertito, guardi che chiude. Ma io ero troppo preso con la mia storia, così sono andato avanti fino a che l'ho finita e deve essere passato parecchio tempo, visto che quando ho alzato lo sguardo era già buio. Che poi in fondo penso che avrebbero dovuto comunque farmi uscire, anche a costo di essere scortesi e farlo con la forza. Invece mi hanno chiuso dentro e posso
solo ringraziare la distrazione della famiglia Melchiorri, che ha scordato di chiudere il lucchetto della tomba di famiglia, se ho potuto passare la notte al riparo, che era già settembre e di notte faceva piuttosto freddo.
Però, le storie che mi piace scrivere di più, sono le storie per addormentare i bambini. Bisogna seguire uno schema preciso: prima catturare l'attenzione con qualcosa di imprevisto, inaspettato, che desti abbastanza curiosità da farli abbandonare la realtà; poi si comincia, molto lentamente, a descrivere l'ambiente qualunque esso sia, ma bene nei dettagli, per costringerli a guardare in ogni direzione, fino a che gli occhi si stancano e cominciano a chiudersi; allora la storia deve farsi più calma, i personaggi muoversi lenti, i dialoghi quasi sospiri.
Vi confesso che spesso, rileggendole, mi addormento anch'io.