Questa è l'ANPI in cui mi riconosco

laura martinotti [Laura LaLunga]
Rimasi perplessa dalla lettera di Smuraglia, Presidente dell'ANPI nazionale, di fronte all'accusa di "essere tirati per la giacchetta" in relazione alle vicende NO-TAV. In quell'occasione mi risolsi a non rinnovare la tessera associativa, non condividendo affatto la posizione di un'associazione che, anche solo dal nome, partigiana (e quindi  che parteggia, che coraggiosamente si schiera) lo è per natura. 

A costo di farmi bacchettare da mio marito (!) incollo qui le considerazioni sulle dichiarazioni di Smuraglia da parte delle ANPI di Foresto, Bussoleno e Chianocco.
Queste sono le parole che avrei voluto sentire dall'ANPI nazionale: chiare, coraggiose, Mi permetto anche di evidenziare e isolare alcuni passaggi che ritengo fondamentali per chiarire cosa voglia dire, a mio parere, essere partigiano, ieri come oggi.

ANPI Foresto-Bussoleno-Chianocco: Considerazioni sulle dichiarazioni del Presidente dell'ANPI Carlo Smuraglia

Nessuno ha mai tirato la giacchetta all'A.N.P.I. per trascinarla forzatamente su posizioni No Tav, anche se a parer nostro, l'Associazione, avrebbe tutto il diritto a esprimere le proprie considerazioni in merito ad un' opera pubblica che contrasta fortemente con quei principi di libertà, equità e civiltà di cui la nostra Associazione si nutre.

All'A.N.P.I. invece è stato richiesto, e non avrebbe dovuto esimersi, di prendere posizioni in merito all'emergenza democratica che si vive in Valle di Susa ed in generale su tutto il suolo nazionale, dove, ogni contestazione legittima, dagli operai che difendono il posto di lavoro, a chi si oppone ad un opera costosa ed illegale, agli studenti che difendono i loro diritti allo studio, viene subito sedata utilizzando la forza pubblica con modi che ricordano sempre più quelli cileni. Oppure sulla militarizzazione di interi territori. Militarizzazione e militari che con i loro atteggiamenti e il loro fare ricordano molto lugubramente e sempre più frequentemente le truppe di occupazione di sessant'anni or sono.

All'A.N.P.I. nazionale chiediamo se si può ritenere legittimo che cittadini e cittadine italiani vengano insultati, inseguiti sino nelle abitazioni, venga loro usata violenza, siano sfondate le porte delle abitazioni o dei locali pubblici, siano "gasati" da gas vietati addirittura nei conflitti militari. Stiamo parlando di episodi reali di cui siamo stati e siamo tuttora testimoni e vettime.

Chiediamo all'A.N.P.I. nazionale perché la nostra Associazione abbia espresso un silenzio assordante su temi quali, le scandalose leggi sull'immigrazione, sui respingimenti dei migranti in mare (condannati anche dalla U.E.), sulle operazioni di guerra in nazioni sovrane, sulle leggi elettorali "porcata", sulle posizioni omofobe, xenofobe e razziste di taluni parlamentari della Repubblica, sulla demolizione sistematica e pianificata della scuola pubblica, del lavoro, dello stato sociale.

Il presidente Carlo Smuraglia ha ribadito nel suo scritto di frequentare la Costituzione e la Democrazia da moltissimo tempo. Rispettosamente, vogliamo ricordare al Presidente che anche i Partigiani di questa sezione, che molto hanno dato alla Resistenza e che molto continuano a dare, frequentano Costituzione e Democrazia da quando avevano circa vent'anni, ed è proprio per questo motivo che partecipano alle manifestazioni in valle con il loro entusiasmo contagiante, con striscioni e bandiere. Questo non li rende certo di meno valore del Presidentre stesso.

Non capiamo cosa voglia dire il Presidente invitando gli iscritti dell'A.N.P.I. a non "mescolarsi con tutti" rinunciando così all'autonomia dell'Associazione. Crediamo che per continuare a vivere, l'A.N.P.I. debba sempre più aggregare soggetti diversi, poiché le differenze aiutano a crescere e a durare.

Il chiudersi mestamente a spettatori, unicamente con un ruolo di testimonianza storica su ciò che fu l'antifascismo e la Resistenza, faranno si che in poco tempo l'Associazione smetta di crescere e inizi inesorabilmente il suo inevitabile declino.

Riteniamo dunque sia auspicabile un dibattito pubblico su scala nazionale su questi temi che inquietano molte sezioni della nostra Associazione anche fuori dalla Valle di Susa. Auspichiamo che tale dibattito possa realizzarsi quanto prima, eventualmente durante la festa nazionale dell'A.N.P.I. di Marzabotto.

Concludiamo questo scritto confermando di non voler tirare nessuno per la giacchetta che per altro, i Partigiani non hanno mai portato, ma confermando la nostra scelta e la nostra determinazione ad aderire a ciò che riteniamo più opportuno, siano pure manifestazioni No Tav, poiché, oltre che iscritti all'A.N.P.I., ci riteniamo uomini e donne liberi/e, che hanno scelto, sollecitati dai valori dell'antifascismo e della Resistenza, dai nostri Partigiani, dai loro insegnamenti, di stare dalla parte giusta, quella così tanto menzionata dall'A.N.P.I. stessa, che crediamo non possa e non debba essere ridotta a quella innanzi ad un televisore avillente, monotematico e soporifero. L'A.N.P.I. per noi è e deve essere un'altra cosa.

 

E poi Presidente Smuraglia, porti pazienza, noi siamo vivi e dunque parteggiamo, esattamente come scrisse nel 1917 Antonio Gramsci, noto sovversivo.

 

Il Direttivo A.N.P.I. – Sez. Bussoleno-Foresto-Chianocco

fabri 6 aprile 2012, 07:17
perplessità e delusione: la "mia" parte politica dalla quale, sul TAV, le mie convinzioni divergono.
qui di seguito, una parziale convergenza che, comunque, resta rigorosamente ... parallela!

Comitato Direttivo FP CGIL TORINO del 4 Aprile 2012-04-02  Ordine del Giorno  LA TAV NON E' UNA PRIORITA'  Il progetto TAV, nella tratta transalpina Torino-Lione, è stato pensato nel 1990, oltre 20 anni fa. Da allora lo scenario economico nazionale ed internazionale è molto cambiato.  I dati ufficiali di monitoraggio, da parte dell'Osservatorio del Traffico Merci nella Regione Alpina, registrano, da oltre un decennio, una notevole riduzione del traffico merci su ferrovia da 10,1 milioni di tonnellate nel 1997 a 3,9 milioni di tonnellate nel 2010 a fronte della media registrata nel quindicennio precedente (12,7 milioni di tonnellate tra 1994 e 2008). Il piano finanziario per la realizzazione dell'opera non è certo e le previsioni di spesa sono assai approssimative. I finanziamenti della Comunità Europea non sono ancora stati approvati ed i costi della tratta sono ad intero carico della finanza pubblica in quanto l'investimento, non essendo “profittevole”, non ha attirato alcun capitale privato.  La tratta ferroviaria esistente è utilizzata al 25% della sua possibilità e con interventi di efficientamento potrebbe ancora aumentare notevolmente la capacità di trasporto merci. L'impatto ambientale sui territori coinvolti è elevato e si protrarrà per 15-18 anni almeno, così come l'impatto sulla salute dei cittadini visto l'aumento della CO2 e delle polveri dei cantieri.  E' anche profondamente cambiata nel Paese, in questi ultimi 20 anni, la sensibilità sulle questioni ambientali e c'è attenzione alla ricerca di nuovi modelli di sviluppo eco-sostenibili. E' cresciuta la consapevolezza della necessità di difendere ciò che si intende “bene comune”, sia esso: territorio, conoscenza, salute, ambiente o acqua (come il referendum ha dimostrato). La sensibilità e le lotte per un modello di sviluppo, diverso da quello immaginato dai “tecnici” dell'alta finanza e del sistema bancario (responsabile della crisi in atto), devono trovare una rappresentanza.  In questa fare di crisi economica acuta in cui i lavoratori sono tragicamente colpiti nella riduzione del welfare, del potere di acquisto reale di stipendi e pensioni, nell'accesso ai servizi assistenziali e dove due giovani su tre sono alla ricerca di un lavoro introvabile o sono precari, il Direttivo sostiene la richiesta di riaprire una discussione per verificare se le risorse previste per la costruzione della tratta Torino-Lione (almeno 20 miliardi di Euro) non possano essere meglio impiegate. E se il disagio causato ad un vasto territorio, così importante per la Regione Piemonte, a fronte di una scommessa sull'effettiva utilità dell'opera, sia un'operazione giustificata.  Altre “grandi opere”, che genererebbero lavoro diffuso, non sono più procrastinabili: il riassetto idrogeologico del territorio, la messa in sicurezza di molte scuole ed edifici pubblici, l'investimento nella salute pubblica, nell'istruzione, nelle energie alternative, nella ricerca e nell'innovazione in nuove tecnologie per rendere settori importanti dell'industria maggiormente competitivi, nel miglioramento della rete dei trasporti. I tagli al sistema del trasporto pubblico locale hanno peggiorato ovunque  le condizioni dei viaggiatori e dei  pendolari in particolare. Si taglia il servizio treni notturni lasciando a casa 800 lavoratori di Wagon Lits e non si investe in quelle tratte ancora da elettrificare e raddoppiare.  Nel confermare la condanna di ogni forma di violenza, estranea al movimento di protesta dei cittadini della Valle di Susa,  il direttivo della Funzione Pubblica CGIL di Torino, chiede al Governo e alle Istituzioni locali di  riaprire il dialogo, unica via  per trovare soluzioni condivise con i territori interessati.  APPROVATO ALL'UNANIMITA'  

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